Il vate si lagna
La Stampa, 04-01-2008, Mario Baudino
«Tornato da Monterosso ho trovato la tua, nella quale amichevolmente ti stupisci che io non condivida il tuo entusiasmo; io invece lo capisco, per te si tratta, in qualche modo, di un ritorno alle lettere. Ma io che ci sto infognato da sempre senza guadagnar neppure tanto da vivere da solo, come pur vivo, non dovrei stup
irmi che tu non capisca il mio torpore? In vent’anni gli ‘amici’ (non parlo di te) mi hanno offerto qualcosa di decente? Dappertutto porte chiuse, e così continuerà». Così scriveva Eugenio Montale a Giacomo Debenedetti, in una lettera del 29 ottobre 1942. È pubblicata in Lett
eratura, biografia e invenzione di Elena Gurrieri (ed. Polistampa), insieme alle altre 37 fra lettere e cartoline inviate dal poeta al critico il 1922 e il 1947, di cui solo quattordici erano state rese pubbliche finora. E confermano un sospetto: il sospetto più coccolato del Novecento non faceva altro che lamentarsi.