Il “petit da Vinci code” dell’Arch. Manetti su un ben noto affresco del Trecento fiorentino
AISE, 31-05-2005, ––
FIRENZEaise - Vasta risonanza ha avuto l’ipotesi legata al mondo dei templari sull’origine delle Madonne del Parto, in modo particolare quella di Taddeo Gaddi, formulata dall’architetto fiorentino Renzo Manetti nel volume da poco uscito per i tipi della Polistampa e presentato da Timothy Verdon e Francesco Gurrieri alla Galleria Fedi di via de’ Serragli in Firenze, il 20 maggio scorso (vedi AISE del 29 marzo 2005 h.17.23).
Ricollegandosi ad un ordine monastico di cui poco si conosce, i Girolamini delle Campora sulla collina di Marignolle in Firenze, di cui parla anche Repetti nel suo celebre Dizionario, e individuando un primo luogo della loro presenza nella nostra città in un presunto monastero trecentesco preesistente alla Chiesa di San Francesco di Paola, la quale lo avrebbe poi inglobato, il Manetti presenta quest’ultimi come una confraternita templare, senza prove documentarie, guidati da un misterioso Bartolommeo confermato dall’allora Arcivescovo di Firenze Francesco Silvestri, in un momento in cui, siamo nel 1334, l’ordine Templare era già stato soppresso con l’accusa di eresia, erano ormai passati 20 anni da quando Jacques de Molay era stato arso vivo a Parigi e dalla collina di Monte Oliveto, dove effettivamente sono stati, dobbiamo supporre che fossero già stati allontanati.
E dai Girolamini “templari” ad un T. Gaddi che dipinge per loro una Madonna con una simbolica templare il passo è breve, anche se poi Manetti preferisce seguire un percorso molto tortuoso, supponendo un Boccaccio templare a causa del suo testamento, notizia ghiotta per tutti i giornalisti, dando ampio spazio all’influenza cabalistica sulla cultura del Due-Trecento, riaffermando le tesi del “dimenticato” Luigi Valli, (Il linguaggio segreto di Dante e dei “Fedeli d’Amore” Roma, ed. Optima, 1928), e arrivando a vedere la Madonna incinta come immagine del “fiore sapienziale”, che poi trasforma nella rosa delle tradizioni iniziatico-esoteriche, tutto questo all’interno di un guazzabuglio di citazioni dove persino San Bernardo e altri autor
i vengono piegati ai suoi personali intenti e fino ad osare il goffo richiamo tra la cupola di Santa Maria del Fiore, con i colori bianco e rosso, e la veste delle Madonne del Parto.
Alla fine del saggio, l’autore finalmente afferma: “Le Madonne del Parto sembrano alludere ad una confraternita segreta, costretta a nascondersi, che cela in sé il mistero della Sapienza. Il loro libro è chiuso ed attende il giorno in cui la fenice risorgerà dalle proprie ceneri ed il Verbo si manifesterà”.
Niente di più erroneo poteva scrivere l’architetto Manetti; ma innanzitutto è esistito o no il monastero templare? E la Madonna del Gaddi è stata sempre lì, dove ora sorge la Chiesa di San Francesco di Paola? L’architetto risponde per entrambe le domande di si; e invece non ci sono prove visibili di monasteri preesistenti, e non ne parla il dettagliato atto di donazione (1589) nei confronti dei Padri Minimi che fonderanno poi la chiesa di San Francesco di Paola: a tutt’oggi non si è trovata alcuna traccia, nemmeno con gli scavi effettuati insieme all’arch. Fulvia Zeuli della Soprintendenza ai Beni Architettonici durante i lavori di restauro tuttora in corso.
E la Madonna del Parto allora da dove proviene? Se l’architetto Manetti avesse sfogliato il Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani alla voce Taddeo Gaddi, si sarebbe certamente accorto degli studi degli storici dell’arte che hanno provato la provenienza della Madonna dalla chiesa di San Pier Maggiore, chiesa di un monastero femminile fondato nel 1067, molto importante nella città e che conobbe la demolizione nel 1784, perché in stato pericolante. Questa volta ci sono i documenti ad attestare ciò, oggi conservati all’Archivio di Stato di Firenze e uno conservato nell’archivio parrocchiale della Chiesa di San Francesco di Paola: l’Arcivescovo Antonio Martini dispose il trasferimento della Madonna gravida alla famiglia Federighi , che già aveva acquistato il convento e la chiesa di San Francesco di Paola, con un atto del 24 gennaio 1785. È nel 1964 che vengono rintracci
ati tali documenti dall’allora Soprintendente prof. Ugo Procacci, l’insigne studioso e funzionario della tutela, al centro della cultura fiorentina a cavallo del secolo scorso e di cui quest’anno si celebra il centenario della nascita.
Ma al Manetti, “maestro inconsapevole”, espressione di Franco Zappi nella presentazione, tutto ciò è ignoto! E della simbolica templare quale destino? Questo sta all’architetto Manetti deciderlo: essa è totalmente forviante e snatura il significato dell’opera stessa del Gaddi.
Ricordo a voi lettori che è proprio nel Trecento - a scriverlo è Thomas Martone, uno dei più grandi studiosi della Madonna di Piero della Francesca - che la Madonna incinta viene ideata e concepita come tabernacolo contenente il Corpus Christi; e un altro rinomato studioso, Antonio Paolucci, oggi responsabile del Polo Museale fiorentino e già Ministro dei Beni culturali, ha ben sottolineato come il messaggio religioso della Madonna del Parto è proprio “il suo essere sede del Verbo incarnato, tabernacolo del corpo di Cristo e quindi, per traslazione simbolica, figura della Chiesa, madre di tutti i credenti”.
Si metta allora da parte la fantastica costruzione esoterica costruita sulla Madonna del Gaddi, che l’autore inspiegabilmente allarga poi anche alle altre Madonne del Parto. E se proprio ai Templari ci si vuole dedicare, si legga bene quanto scrive l’insigne professor Malcom Barber, docente di storia medievale presso l’università di Reading, in Inghilterra, nel libro La storia dei Templari: “(essi) sono stati utilizzati da coloro che hanno formulato teorie cospiratorie della storia di orientamento sia conservatore che progressista, da romantici in preda alla nostalgia per un passato medievale ormai perduto, da massoni in cerca di una storia singolare capace di giustificare la loro inclinazione per rituali e comportamenti dal sembiante religioso, e da ciarlatani volti a trarre profitto dalla credulità degli ingenui”. (giovanni alpigiano*aise)
* Parroco della Chiesa di San Francesco di Paola in Firenze