La Pira, il sindaco santo è tornato nella sua ‘San Marco’
QN, 06-11-2007, Michele Brancale
FIRENZE – Nella geometria spirituale di Firenze “città sul monte”, una nuova Gerusalemme nel cuore dell’Europa, Giorgio La Pira (1904-1977), di cui ricorre il trentennale dalla morte, collocava la basilica domenicana di San Marco come un punto cardinale, accanto alla cattedrale e alla basilica di Santa Croce e al Palazzo Vecchio, sede del potere civile. E come dargli torto? Sì, forse l’interno della chiesa col tempo si è appesantito, ma gli affreschi del Beato Angelico, uniti alla memoria del vescovo Antonino, che dove c’era lui c’erano i poveri, a quella della poesia di Agnolo Poliziano e alla monumentale intelligenza di Pico della Mirandola, costituivano uno scrigno e un messaggio che ora si è arricchito anche di lui. Poco dopo l’annuncio del cardinale Ennio Antonelli sulla causa di beatificazione di La Pira per la quale auspica una “sollecita conclusione”, è stato inaugurato dal cardinale Josè Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, il nuovo sepolcro in cui è stata traslata dal periferico ma storico cimitero di Rifredi la salma del “sindaco santo”. E’ stato disegnato dall’architetto Riccardo Mattei, e si compone di un basamento in pietra siciliana (scelta nella stessa cava da cui provengono le pietre usate per il restauro della cattedrale di Noto) e una lapide in pietra serena, proveniente dalle colline fiorentine, posti ai piedi dell’altare di sinistra e di una copia della ‘Madonna in trono’ di Bartolomeo Della Porta. Lo sorveglia, in un certo senso, la
statua di Savonarola, che sta lì accanto. In un messaggio a Mario Primicerio, presidente della Fondazione dedicata a La Pira, il presidente della Repubblica Giorgio Napoletano parla di “coerenza e di impegno etico e culturale’’ e di “altissimo contributo di rigore intellettuale e morale…nel segno dei fondamentali valori della giustizia sociale e della solidarieta”. Le parole di Napolitano hanno di fatto aperto una conferenza tenuta da Valerio Onida, presidente della Corte Costituzionale, nell’Aula Magna dell’ateneo fiorentino. Il pensiero e il vissuto di La Pira sono ricchissimi e avvicinandosi con rigore storico se ne colgono spessore e attualità. Pietro Domenico Giovannoni ha ricostruito il tentativo, fallito, di tenere il sesto Convegno per la Pace e la Civiltà Cristiana, previsto per il 1957 e mai avvenuto (‘A Firenze un concilio delle nazioni’, Polistampa). Il convegno sarebbe saltato per l’opposizione di ambienti ecclesiastici e settori del laicato cattolico, guidati da Luigi Gedda, all’apertura culturale promossa da La Pira verso i Paesi extra-cristiani. Si pensava, finora, che la mancata riuscita dell’evento fosse attribuibile alla crisi di giunta a Firenze. A questo riguardo, dal cassetto di uno dei suoi più stretti collaboratori, il senatore Cesare Matteini, sono uscite, insieme ad altri documenti riportati in ‘Memoriatre’, due lettere che dicono molto dello stato d’animo e delle prospettive con cui il nostro ragionava. “Vedi, caro Matteini – scrive il 7 aprile 1957 - io non ho mandatari, no
n contatti, non ho propositi, non ho “nulla”. Faccio lezioni il lunedì, il martedì, il mercoledì: non vado a Roma: sto a Firenze, che per la verità, amo dal fondo dell’anima, come si ama una città cara a Dio e perciò ricca di orazione, di grazia, di amicizia, di bellezza, di Paradiso ed aspetto serenamente che il Signore manifesti – attraverso gli eventi, tanto rapidi e tanto significativi, la Sua volontà in ordine ai miei compiti ed alla mia responsabilità”. Ne specificherà il senso due anni dopo, il 17 aprile 1959: “…ecco Firenze e la sua vocazione e la sua definizione: l’ovile bello del Signore: vocazione ad essere la bellezza che tesse il tabernacolo del Dio vivo. I discorsi politici fiorentini ed il dialogo politico fiorentino si pongono – per me – su questo “strano” livello e su questa “misteriosa” terrazza: una terrazza sul mondo, sulla “pienezza dei gentili e sulla pienezza degli ebrei” come S. Paolo dice nell’epistola ai romani. So bene che così si spezzano gli schemi della comune “dialettica” di partito e partitica: ma non poteri vedere le cose in maniera diversa”. Insomma, o così o così. La Pira, domenicano per formazione, si presenta francescanamente “sine glossa” e con un piglio tutto laico. C’è di che ragionare e interrogarsi sul presente. “La Pira – dice il cardinal Martins – è stato un indicatore, una freccia che ha aiutato tutti a trovare la direzione di marcia”.