Fratelli da combattimento
Il Sole 24 Ore, 09-09-2007, Sandro Gerbi
Nell’anniversario della morte, una selezione di scritti inediti della famiglia Rosselli, curata da Paolo Bagnoli, illumina lati pubblici e vicende private di Nello e Carlo, uniti con la madre nella lotta contro il fascismo L’Italia sarà pure un Paese senza memoria (e senza verità), come diceva Leonardo Sciascia, però non vi è dubbio che su alcune essenziali vicende novecentesche gli storici, specie nell’ultimo ventennio, abbiano indagato a fondo. Esemplare il caso dei fratelli Rosselli (il politico, Carlo, e lo studioso del Risorgimento, Nello), trucidati in Francia il 9 giugno del ’37. Nel 1945 Aldo Garosci pubblicò la prima ottima biografia di Carlo. Due anni dopo apparve l’appassionata testimonianza di Alessandro Levi. Poi, poco o nulla, fino al 1967, quando Nicola Tranfaglia diede alle stampe il primo volume della purtroppo mai completata vita di Carlo. Si dovettero aspettare altri dodici anni per poter leggere l’Epistolario familiare. Ancora una decade di pressoché totale black-out e poi, finalmente, una stagione fervida di studi, di carteggi, di raccolte di articoli, di convegni. Che dura tuttora. Solo pochi mesi fa è uscito un importante contributo di Mimmo Franzinelli, che fa piena luce sulle responsabilità fasciste nell’uccisione dei due fratelli, degni rappresentanti di un’Italia migliore. A questa abbondante letteratura si a
ggiunge ora una selezione di scritti inediti, curata da Paolo Bagnoli, il cui criterio unificante, tema generale a parte, consiste nella loro localizzazione: l’archivio dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana. Sono schegge di natura diversissima, tra il pubblico e il privato, utili soprattutto per gli specialisti (a dispetto dei numerosi refusi) e raggruppate in tre sezioni. La prima è quella più propriamente politica e contiene tra l’altro il programma della seconda serie dei Quaderni di Giustizia e Libertà, del 1933 (noto solo in parte); una scelta delle lettere di Carlo al compagno di lotta Gioacchino Dolci (operaio di origine romana); e vari documenti sulla partecipazione di Carlo alla guerra civile spagnola (dove fa capolino, senza meritare una nota esplicativa, Antonio Bondi, fra le tante spie dell’Ovra che attorniavano l’imprudente cospiratore). Nella seconda sezione si trovano alcune toccanti lettere familiari, di Nello alla cognata Marion e della madre Amelia alla stessa Marion. La quale è la protagonista della terza sezione, allorquando cerca in ogni modo, dall’esilio americano, di mantenere in vita la memoria del marito ucciso (mostrando quanto ingeneroso fosse stato il giudizio di Salvemini su di lei: «Marion di politica non ha mai capito nulla. Il suo spirito è del tutto squinternato dopo la morte di Carlo»). Dal punto di vista stori
ografico, forse le pagine più interessanti sono quelle dedicate al poco noto Dolci, cui Carlo era legatissimo. Si erano conosciuti al confino di Lipari nel ’27. Poi Dolci aveva aiutato l’amico a fuggire dall’isola (assieme a Lussu e Francesco Fausto Nitti). Con Rosselli, Tarchiani e Lussu, aveva fatto parte del nucleo originario di Gl, a Parigi, nel ’29. L’11 luglio del ’30 accompagnò Bassanesi nel temerario volo su Milano per lanciare volantini antifascisti. «Caro Gioacchino - gli scrive Carlo, appena conosciuto il buon esitodell’impresa – voglio dirti quale ammirazione e quanto affetto io senta per te dopo questa prova meravigliosa. Ti offristi al sacrificio con una così commuovente semplicità e naturalezza che non ebbi coraggio di oppormi in nessun modo, nonostante i dubbi e il peso delle responsabilità». Qualche anno dopo, nel settembre del ’35, Carlo scuoterà l’amico con la forza della propria fede :«Hai fatto melanconiche esperienze sugli uomini, hai avuto delle delusioni, invecchi? Su Gioacchino, sveglia. Senza precipitare in ottimismi che sarebbero stolidi, perché il fascismo, anche quando sarà cadavere, esigerà un becchino, è questa l’ora di tornare a sperare, a credere». Una passione civile, che non varrà a salvarlo nella tragica estate del ’37.