IL MITO DEL "BEL PAESE" NEGLI SCATTI DEL GRANDE FOTOGRAFO TEDESCO DELL’OTTOCENTO GIORGIO SOMMER
Aise, 03-07-2007, ––
FIRENZE aise - Giovanni Fanelli, ordinario di Storia dell’Architettura all’Università di Firenze, autore di opere di storia dell’architettura e dell’urbanistica e noto esperto di storia della grafica e della fotografia, torna a raccontarci attraverso le foto d’epoca i più bei paesaggi della nostra penisola con il volume "L’Italia virata all’oro" (Pagliai/Polistampa, pp.264, euro 44), il terzo della fortunata collana "Attraverso la fotografia". Avviata dallo stesso Fanelli nel 2004 con "L’immagine di Pisa nell’opera di Enrico Van Lint" e proseguita nel 2005 con "Toscana scomparsa", la collana prevede la pubblicazione entro il prossimo anno di un volume dedicato alla fotografia europea dell’Ottocento. "L’Italia virata all’oro", da oggi in libreria, è il frutto di una lunga e rigorosa ricerca e propone un’ampia e in gran parte inedita antologia di scatti del fotografo tedesco Giorgio Sommer (Frankfurt am Main, 1834 - Napoli, 1914). Grande pioniere della fotografia, Sommer fu il primo, insieme a Robert Rive, a co
prire con le proprie campagne fotografiche tutti i luoghi più importanti della bella Italia, da certi scorci o vedute di Napoli ad alcune piazze di Genova, da Pisa ad Amalfi, da Palermo fino alla laguna di Venezia, a Verona e ai grandi laghi del Nord. 237 immagini di toccante bellezza si susseguono nelle pagine dell’opera, ordinate seguendo sostanzialmente quello che era l’itinerario privilegiato dai viaggiatori del Grand Tour nell’Ottocento. Ma il gusto estetizzante di Sommer non gli impedì di offrire documenti di straordinario valore socio-antropologico. E così nei suoi scatti possiamo ammirare tracce e testimonianze di un mondo rurale e cittadino ormai estinto, di antichi mestieri e realtà che soltanto la fotografia ha potuto documentare con struggente realismo: dai lustrascarpe agli zampognari, dai venditori ambulanti ai trovatori di mozzichini, dagli scrivani ai primi ferrovieri della funicolare sul Vesuvio, il cui manovratore avverte i viaggiatori con una trombetta in bocca. Nel periodo in cui Sommer operò, le caratter
istiche della tradizionale vacanza nel Bel Paese cambiarono notevolmente: da viaggio della durata di mesi o anni e pertanto accessibile solo a intellettuali benestanti e aristocratici, divenne escursione di pochi mesi o addirittura settimane, alla portata anche della nuova classe borghese che spesso si affidava alle indicazioni delle guide internazionali. Di conseguenza anche i fotografi impegnati nel vedutismo furono chiamati a soddisfare questo nuovo e numeroso pubblico di viaggiatori. Giorgio Sommer nel suo lavoro si cimentò con tutti i formati (grande, mezzano, stereoscopico, album, carte-de-visite), ponendo l’attenzione soprattutto sulle città di Napoli e Palermo, le due "città-mondo", polimorfe, risultato di secoli di scambi e incroci di culture diverse, città di misteri, evidenze, violenze, odori. Sommer possedeva l’indiscussa capacità di captare il genius loci, di cogliere la più intima identità dei luoghi: un dono che rendeva le sue istantanee delle immagini "parlanti", in grado di toccare le corde del cuore. (f.l.aise)