Cercasi antologia per il Carducci non trombone
La Stampa, 12-06-2007, Maurizio Cucchi
Guardo con soddisfazione il bel numero della rivista Caffè Michelangiolo (ed. Pagliai Polistampa), diretta da Mario Graziano Parri, dedicato a Giosué Carducci. Il fiero volto del poeta campeggia in copertina, mentre all’interno possiamo trovare articoli vari e una ricca galleria di foto.
Tra queste, spicca la copertina della Domenica del Corriere del 24 febbraio 1907, dove Carducci appare splendidamente vecchio e ieratico: era morto da pochi giorni, poco più di cento anni fa. Viene allora spontaneo chiedersi: «L’abbiamo ricordato come sarebbe stato giusto?» Direi proprio di no, anche perchè, tuttora, grava pigramente il luogo comune che lo vorrebbe lontanissimo dalla nostra sensibilità, oltre che poeta a suo tempo celeberrimo ma in fin dei conti trombonesco.
E infatti, quando si p
arla di lui, subentra spesso una sorta di imbarazzo, quasi ce ne dovessimo scusare. Mi capita non raramente di rileggerlo e l’ultima volta l’ho fatto proprio in occasione di una delle poche celebrazioni del centenario, svoltasi a Bologna, nella sua casa, per iniziativa del Centro di Poesia diretto da Davide Rondoni.
Ebbene, più lo rileggo e più mi rendo conto della sua importanza. Troviamo nei suoi versi, per esempio, anticipazioni evidentissime e tutt’altro che rare di toni e situazioni di altri autori: come Pascoli, naturalmente, che lo sorpassò; ma anche come Gozzano, che venne molto dopo. Se leggiamo poi una poesia bellissima come Alla stazione una mattina d’autunno, entriamo in una dimensione di già netta modernità, che ci porta dritti a Montale. E voglio ricordare anc
he un’osservazione di Luigi Baldacci che, a proposito della concentrazione verbale, della forza della singola parola nel verso di Carducci, già vedeva profilarsi all’orizzonte il primo Ungaretti. Potremmo ovviamente proseguire, citando per lo meno Campana. Insomma, occorre sgomberare il campo dagli equivoci, rivalutare questo grande maestro della nostra poesia, artefice di massimo livello. Ci vorrebbe uno strumento agile ed efficace, per poterlo leggere con più convinzione.
Dovremmo cioè poter disporre di una nuova antologia dei suoi versi, ma dei migliori e più attuali, lasciando perdere il Carducci proverbiale e oratorio, che ormai non ci riguarda più. Sono certo che ne verrebbe un libro di poesia sorprendente e bellissimo, capace di far piazza pulita di ogni luogo comune stantio.