Cento opere raccontano l’Italia che si univa
Il Messaggero, 06-04-2007, Fabio Isman
A Palazzo Coelli, omaggio a Cabianca e agli artisti di un fervido periodoL’OMAGGIO a un troppo dimenticato campione dei Macchiaioli, Vincenzo Cabianca (Verona 1827 - Roma 1902) cui finora nessuna “personale” era stata dedicata: ad Orvieto, a Palazzo Coelli, fino al 1° luglio; e, dal 12 luglio al 14 ottobre, a Firenze, per inaugurare Villa Bardini. Sono 112 opere (ma anche di Boldini, Induno, Signorini, Fattori & compagnia a quell’epoca dipingente), che testimoniano un periodo dei più fervidi nella vita dell’Italia, che allora s’univa (a cura di Francesca Dini, catalogo Pagliaia Polistampa, produzione e promozione della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto e dell’Ente di quella di Firenze, cui si deve pure la contemporanea esposizione dei “Cézanne fiorentini” a Palazzo Strozzi)
. Sono acquerelli, ancor più che oli, dagli inizi lombrado-rinascimentali e i cui esiti sono invece ben più maturi: in qualche caso, rievocano sir Laurence Alma Tadema, che l’artista conobbe e frequentò a Londra, in altri, anticipano perfino Carlo Carrà. Insomma, una vita vissuta, e uno sviluppo artistico, davvero densi. Da Verona a Venezia, Firenze, La Spezia e Roma; con tanti viaggi e tanti amici; con altri, tra cui Signorini, come compagni di strada. Da Garibaldi e Goldoni, Dante e Pia de’ Tolomei, ai paesaggi e alle scene di vita quotidiana, alla “macchia”, alle amate monachine (le suore della Carità dai larghi cappelloni bianchi), a Venezia, che eterna mille e più volte. Già apprezzato in vita: un dipinto, nel 1861, è acquistato dal Re; uno, nel 1865, dallo sfortunato Odone di Savoia; un altr
o, nel 1890, dalla Galleria d’Arte moderna a Roma. E apprezzato anche oggi: giorni fa una sua opera ha spuntato in asta oltre 500 mila euro. Con Sartorio e altri, illustra il primo D’Annunzio (Isaotta Guttadauro, 1886); al Caffè Greco, quando approda a Roma, lo chiamavano «ministro plenipotenziario della Macchia nella Capitale». Il nipote omonimo, a lungo docente di Urbanistica a Palermo, per la fortuna di tutti ha salvato molte opere e documenti. Così, si può sapere che a Roma era amico di Ettore Roesler Franz; e vedere che, nel 1901, Lungotevere Flaminio era ancora in piena campagna, e nel 1893 a Roma c’era la neve. Dipinge acquerelli densi, che hanno la consistenza degli oli; è un maestro, o quasi, per Mario De Maria. Finalmente l’abbiamo ritrovato: auguriamogli che sia un buon ritorno.