Il Nuovo Mondo di Giovanni
Corriere fiorentino, 02-01-2024, Mario Bernardi Guardi
Anniversari. Da Verrazzano, di nobile stirpe, già a vent’annianni capì che il suo destino era navigare E lo slancio verso l’oltre lo portò fino alla Baia di New York. La storia a 500 anni dall’impresa

È scolpito nella memoria di ogni liceale o ex-liceale che si rispetti il «Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtude e conoscenza» (Dante, Inferno, XXVI). E cioè l’appello che Ulisse rivolge ai suoi compagni in prossimità delle fatali «colonne d’Ercole».E che è modellato sulla materia prima dell’eroismo fisico e spirituale: il coraggio della sfida per chi, uomo e non bruto, sente lo stimolo della curiositas, della voglia di scoprire e vedere, sapere e capire. Vada come vada: e, per Ulisse, andrà male. Ma a misurare il rango di un navigatore c’è questo impulso irresistibile a svelare i segreti del mondo; una ricerca che è il senso di una vita, che ignora i divieti e che, se si conclude con uno smacco, vale comunque da modello.
Giovanni da Verrazzano, nato a Greve in Chianti nel 1485 da nobile stirpe, capisce già a vent’anni che il suo destino sta in questo slancio verso l’«oltre». Ma in nome dell’humanitas ovvero dei valori a cui è stato educato. Al punto che dai rari documenti biografici vien fuori l’immagine di un raffinato conoscitore «de omni re scibili». Ed è proprio per questo che non si rinchiude in biblioteca, ma vuol respirare in lungo e in largo. Vuole verificare viaggiando. Al tempo dei Fenici, dei Greci, dei Romani il centro del mondo era il Mediterraneo: ma il Mare nostrum si è «allargato» con le scoperte geografiche. Aprendosi alle vastità dell’Oceano. Italiani in prima linea: il genovese Colombo, il veneziano Caboto e il fiorentino Vespucci. E il nuovo mondo squaderna le sue meraviglie, con i sovrani europei alla caccia di fulgide ricchezze e vasti domini. Dunque un buon navigatore è una garanzia nel movimentato scenario geopolitico.
Da toscano avvezzo alla realtà, Giovanni – che già ha iniziato i suoi vagabondaggi in Medio Oriente e in India – sa che deve fare i co
nti con le ambizioni dei potenti: è una dura regola del mestiere di vivere. E di navigare. L’importante è mettersi al servizio di un principe degno di questo nome: uno che non solo ben si destreggia nelle leggi e nella armi, ma protegge le arti, individua le competenze e le valorizza. Come il re di Francia Francesco I, che, memore di un italiano come Leonardo, vissuto e osannato alla sua corte, ha fiducia in quest’altro italiano, in quest’altro toscano, entrato al suo servizio nel 1522. E che è il tipo adatto per assicurargli nuove glorie. La sua «immagine»ne ha bisogno. Infatti, dopo la scoperta dell’America nel 1492, le maggiori potenze europee – Spagna, Portogallo, Inghilterra – hanno messo gli occhi sul Nuovo Mondo e tra loro è tutta una gara per accaparrarsi territori e ricchezze. Francesco non può restare indietro e Giovanni, che già ha viaggiato in lungo e in largo, ed è un tipo tosto, fa al caso suo. Ed ecco, nel 1523, l’incarico: cercare un passaggio per raggiungere il Catai (termine con cui Marco Polo nel suo Milione chiama la Cina) circumnavigando l’America da Nord mentre Magellano, al servizio della Spagna, lo aveva fatto da Sud. L’obbiettivo è sempre quello: scoprire terre, accaparrarsi ricchezze, conquistare prestigio. E i banchieri, come il fiorentino Pietro Rucellai, finanziano l’impresa.
Verrazzano parte con quattro navi dal porto normanno di Dieppe. Ma si scontra con la flotta spagnola e gliene resta solo una, la Dauphine. Però va avanti: lo vogliono gli obblighi che si son presi e la curiositas che lo anima da sempre. Così raggiunge Madera da dove, nel 1524, salpa per l’America. L’equipaggio è composto da cinquanta uomini,i viveri servono per otto mesi, il viaggio, tra l’infuriare delle tempeste, dura cinquantotto giorni. E poi si spalanca il Nuovo Mondo con l’approdo a Cape Fear, nella Carolina del Sud, che battezza «Punta dell’Olivo». Ne dà notizia a Francesco in una lettera dove descrive quei luoghi come affascinanti e pieni di ogni ben di Dio. Di nuovo avanti: la Florida, la Georgia, poi il Nord
, le coste atlantiche, il fiume che chiamò «Vandôme» (il futuro Hudson), la Baia dove oggi si trova la città di New York e dove incontra gente ornata di piume d’uccello.E la navigazione continua sulla costa atlantica: Newport (che lui chiama «Porto del Rifugio»), il Massachusetts, il Maine, la Nuova Scozia, il Canada. Ma i viveri scarseggiano e torna in Francia. Si consolida intanto una vecchia idea di Vespucci: il Nuovo Mondo è un vero e proprio continente.
Al pari di Ulisse, Verrazzano non ha pace se non naviga. L’avventura è un evento interiore, un arricchimento dello spirito. Lui, da umanista, ama la lettura dei libri ma i viaggi gli propiziano le lettura del Mondo. E quello Nuovo è una miniera da dove si attingono sempre splendidi tesori. Così l’uomo di Greve riparte. La prima meta è il Capo di Buona Speranza. Poi, il Brasile, passando per ll’Americal Centrale, dalla parte delle Isole Bahamas. E qui si sprofonda nel mistero. Nel senso che Giovanni sparisce, di lui non si sa più nulla. Il fratello Girolamo racconta che gli indigeni lo hanno imprigionato e ucciso, e, da buoni cannibali, ne hanno divorato il corpo. Ma altre testimonianze parlano di cattura da parte degli Spagnoli, seguita da una sentenza di morte per il «Pirata».
Giovanni scompare anche dalla memoria storica che lo cancella per secoli. E si profonde in omaggi per l’esploratore olandese Hudson che sulle coste atlantiche ci arriva nel 1609. Vale la pena di prendersela? Sì, perché anche un altro fiorentino, Antonio Meucci, scopritore del telefono, sarà «derubato». Cosa nota: l’inglese Alexander Bell si mostrerà più rapido nel brevetto... Comunque oggi ha tutti gli onori come scopritore della Baia di New York e come primo navigatore che costeggiò l’America Settentrionale fino alla Nuova Scozia. Nel 1964 la Città di New York gli ha dedicato il Ponte che congiunge Brooklyn a State Island, all’imbocco della Baia da lui scoperta. E a Greve un monumento lo eterna: bello, forte, indomito, con lo sguardo che, da quello spicchio di Toscana, si apre al mondo.