Quel giorno, Josif una bellissima tempesta
La Repubblica, 10-12-2023, Laura Montanari
Non immaginatevela come una pianura. Non lo è. La strada che da un orfanotrofio in Romania porta Josif, a cinque anni, nelle braccia di Anna e Saverio, i genitori che lo aspettano a Firenze, è piena di salite e di tempi sospesi. Lo racconta nello struggente In un giorno bellissimo pubblicato da Mauro Pagliai editore, Anna Pampaloni. La mamma di Josif: «E se non gli piaccio? Se non gli piacciono le nostre gattine? Se non gli piacerà la nostra casa, la sua stanza, il nostro giardino, i nostri amici, i figli dei nostri amici?». Pensieri in altalena: un po’ giù, un po’ su. «Devo tirare il fiato… Ce lo dirai tu Josif. Così riempiremo la nostra storia senza storia».
Anna finisce di scrivere questo libro quando Saverio è già stato sconfitto da una malattia lunga e crudele e quando Josif è diventato un adulto scavalcando i venti de
ll’adolescenza e imparando a tenere a bada certe segrete tempeste. In una narrazione che somiglia a fogli sottratti a un diario tenuto nel cassetto, restano impigliate le fatiche di chi decide di accogliere un bambino dall’estero ma anche lo spaesamento di quel bambino catapultato dal gelo di un orfanotrofio dell’est europeo (sia chiaro che la geografia qui poco importa) al calore di una casa dove arriva respirando l’aria del Natale e diventando il centro degli affetti di una intera famiglia, genitori, nonni, amici e persino vicini di casa. Dal poco al tutto, un’ubriacatura emotiva che ti fa smarrire le coordinate e per di più sorrisi a pioggia in una lingua che non sai ma che impari in fretta.
C’è un continuo gioco di specchi In un giorno bellissimo, la storia vista dalla parte di Josif, senza sfumature: o è amore o ribellione, o
sono entusiasmi o silenzi, e la storia vista da Anna e da Saverio con l’affetto buttato anche sulle ferite, con la caparbia volontà dell’amore di portare Josif giorno dopo giorno a diventare l’uomo «buono e generoso» che ora è. Fino a ribaltare il piano del tempo: adesso è Josif a preoccuparsi della mamma rimasta sola, a portarle le bottiglie di acqua su per le scale, in modo che non inciampi. Tra le parole finali che ha scritto Saverio agli amici ce n’è una che colpisce fra tutte: «La cosa più importante che ho fatto nella vita è aver adottato Josif». E non c’è altro da aggiungere. Anna Pampaloni e Saverio Castrucci hanno lavorato per Repubblica, in ruoli diversi e anche in tempi per lo più diversi. Quel cammino fatto insieme corre in parallelo e silenzioso lungo questo libro in cui si sentono netti i battiti del cuore.