L’architettura e il suo doppio: come progettare tra intelletto e manualità
Nuova Informazione Bibliografica, 01-01-2022, Piero Mioli
Come sarebbe stato possibile, nei tempi diversi di tutte le civiltà, costruire una reggia, un palazzo, un tempio, un ponte qualsiasi senza un modellino illustrativo, atto a farsi conoscere e auspicabilmente apprezzare dai più disparati committenti? In alcun modo. Difatti i tanti teatri all’italiana sparsi per il mondo, per esempio, spesso conservano ancora quei monumenti in miniatura donde sarebbero sorti grandi, maestosi e longevi (con mutamenti, si sa, anche sostanziali). In questo caso di architettura che produce il suo doppio il discorso va solo capovolto: certi monumenti esistono, e sono raggiungibili in comoda e fedelissima fotografia, ma non a priori bensì a posteriori ne sono stati costruiti, anzi ricostruiti quei modelli iniziali che ormai sarebbe meglio definire copie finali (o quasi, salvo imprevedibili interventi successivi). In breve, un artista come Stefano Benazzo ha preso in considerazione alcune delle più singolari architetture che i suoi numerosi viaggi e le sue lunghe permanenze all’estero hanno incontrato e se le è amorevolmente rifatte, con tecniche adeguate e ovviamente in scala (da 1:10 a 1:430), nel giro di alcuni lustri di attività. Infine le ha messe in mostra nella Sala delle Esposizioni della fiorentina Accademia delle Arti del Disegno. Prontamente, da parte sua, Leonardo Libri ha commesso a Polistampa la pubblicazione del catalogo, dove 17 pagine dispari fotografano a colori squillanti quanto le rispettive pagine precedenti commentano succintamente. Una decina di righe dal De re aedificatoria di Leon Battista Alberti, venerabile trattato del 1483, spiega il fenomeno meglio di ogni odierno tentativo: giacché osservabile da tutte le parti e nel suo vario contesto, un modello è perfettamente decifrabile e intellegibile (perfino criticabile e quindi correggibile), certo più del suo originale. Ecco un caso inequivocabile: sulle pareti esterne la Divina Sapienza di Istanbul ha 291 «bucature», cioè porte e finestre, che ovviamente si vedono solo circondandone la mole con la dovuta pazienza; ma il modellino di Benazzo, costruito in legno nel 2020 con scala 1:210, lung
o 45, largo 37 e alto 37 centimetri, le lascia vedere più rapidamente e nettamente. S’aggiunga che la basilica, ideata nel 532 regnando l’imperatore Giustiniano e consacrata cinque anni dopo, più tardi acquisì una nuova e più alta cupola: il modellino ha l’idea di raffigurare la prima, crollata nel 558 e oggi inesistente. Prototipo dell’architettura bizantina, la basilica è orientata in modo che al momento della liturgia i raggi solari investano l’officiante; e antica com’è ha architettonicamente influenzato l’ortodossia orientale, il cattolicesimo e l’Islam. Al colmo dell’ammirazione, l’imperatore avrebbe esclamato: «Salomone, ti ho superato!». Purtroppo per noi, il tempio di Salomone non è più ammirabile da quasi 2000 anni. Difficile scegliere, in un panorama che non è larghissimo ma rimane molto diverso fra sé e sé: comincia l’Arco di Costantino a Roma, in cartone; poi spicca la basilica abbaziale di S. Miniato al Monte di Firenze, in legno, con una Porta Santa che si apre mai; la norvegese chiesa di Borgun, in legno, sembra un giocattolo, anzi una di quelle pile di carte da gioco variamente sovrapposte e intrecciate che piacciono tanto ai bambini; bello il Castel del Monte, in resina, fatto costruire da Federico II di Svevia (personaggio prediletto da Benazzo) e così ben fatto di proporzioni che a tutt’oggi sfugge alle ipotesi di destinazione; la Cattedrale dell’Intercessione della Santissima Madre di Gesù sul Fossato, abbreviata in Tempio di S. Basilio, è un simbolo di Mosca, ma non somiglia a verun altro edificio russo, e visto così, in cartone colorato e alquanto rosso, ricorda una grossa vittoria dello zar Ivan il Terribile; è bella colorata, in cartone, anche la Sinagoga di Sofia, che al vero della capitale della Bulgaria si trova nel cosiddetto quadrilatero della tolleranza religiosa (e anche per questo dev’esser particolarmente cara allo scultore); alla fine, a sorprendere più di ogni grappolo d’arte è la chiesa italiana delle Isole Orcadi (Scozia), in cartone, costruita da mezzo migliaio di italiani fatti prigionieri in Nord Africa dagli inglesi che
, ivi tradotti nel 1943, ebbero il permesso di edificare una chiesetta di 23 metri accorpando due baracche con una facciata ispirata a una naïveté disarmante e a suo modo celestiale. Data al 2021, questo ultimo modellino, mentre il più antico risale al 1995. Opportuna qualche nota sull’artista. Umbro, Stefano Benazzo ha svolto carriera diplomatica dal 1974 al 2012, finendo come ambasciatore d’Italia in Bulgaria (2008-2012). Scultore figurativo e non figurativo (su legno, pietra, bronzo) e fotografo, in particolare è modellista di navi e barche «spiaggiate» sulle coste di tutto il mondo, avendone fotografato oltre 450 esemplari in Europa, in Africa, in America e nei mari antartici. Si è espresso in numerose personali (e collettive) di fotografie di relitti, di modelli navali e architettonici, di arte varia. Wrecks, ovvero relitti, rovine, resti di naufragio, è parola che ricorre nelle mostre citate come nei libri pubblicati: inutile segnalare lo spirito storico, archeologico, ricreativo, perfino poetico che si sottintende nella parola, inglese oppure tradotta; utile invece estenderlo al corpo della recente mostra fiorentina e al suo eloquente catalogo, dove la fotografia interpreta il modello a sua volta interpretante il monumento in sé e quindi smette di essere una semplice fotografia per diventare uno strumento di lettura del passato. Un profondo «dovere di memoria», del resto, Benazzo intende rivolgere ai naviganti e ai costruttori di tutti i paesi e tutte le epoche che ha così conosciuto. Concordano le diverse presentazioni del catalogo che favellano di potere carismatico, itinerario virtuale, protezione e valorizzazione patrimoniale, bello assoluto, perfino di «libertà, speranza, ritmo, misura, disciplina e creatività». E Renzo Manetti, presidente della Classe di Architettura presso l’Accademia, non ha dubbi: Benazzo è riuscito a riprodurre edifici diversi, fino alla moschea e alla sinagoga, concepiti dalle religioni cosiddette del Libro, quella cristiana, quella ebraica e quella musulmana, che sono tutti riconducibili, checché se ne creda, a una stessa concezione del sacro.