Un monumento diaristico della vita offesa. La sboba di G. Prunai e dintorni
Maitardi, 01-07-2021, Pietro Clemente
La sboba. Diario dell’internato militare n.30067 dall’8 settembre 1943 al 5 settembre 1945, è il titolo di un libro composto da tre volumi, in cui si raccontano in quasi 1000 pagine, circa 727 giorni della vita di Giulio Prunai (1906-2002) nei centri di detenzione tedesca. Si tratta di un diario di ‘internato’, pieno di sofferenze, di disagi, di emozioni, di sentimenti e di principi morali, di tristi viaggi dentro il cuore dell’Europa nelle mani dell’esercito tedesco, esercito che imprigionava e disponeva di ufficiali e soldati italiani che non scelsero di combattere con la Repubblica di Salò e furono fedeli al Re, come fu nel caso di Prunai. Una lettura sterminata che si apre a sguardi diversi, a varie esplorazioni, ad ampi confronti. Esiste una letteratura testimoniale e memorialistica sugli internati militari italiani, ma questa pubblicazione, anche per la sua dimensione ne rappresenta una sorta di svolta o comunque di pietra miliare. Il fatto che Prunai fosse un ufficiale colto, esperto e praticante dell’ archivistica come disciplina (divenne poi Direttore dell’Archivio di Stato di Siena e Soprintendente archivistico per la Toscana), è una ulteriore conferma del carattere unico di questo diario di vita scritto in cattività da un uomo (un soldato, un ufficiale) chiuso, nel cuore di una guerra mondiale, in spazi angusti e senza libertà. Una straordinaria interconnessione tra locale e globale. Tra i presentatori del libro figurano i due figli di Giulio Prunai (Giuseppe e Maria) entrambi apprezzatori esperti del lavoro paterno. Maria, la figlia, bibliotecaria, è anche curatrice della complessa edizione. Nel suo scritto di analisi del diario del Prunai, Persino…Per la lettura di un documento straordinario, Nicola Labanca sottolinea l’aspetto forse più rilevante dello scenario storico degli IMI, cui questo volume grandemente
contribuisce, ovvero il ritardo con cui le vicende degli Internati Militari vengono studiate e la mancata considerazione di essi come parte di una resistenza larga e diffusa, e non solo legata all’Italia e alle azioni dirette contro il nazifascismo. Secondo Labanca ci furono molte ‘resistenze’. Questo tipo di resistenza, legata alla fedeltà alla monarchia e alla sfiducia nella Repubblica di Salò, nonché al desiderio di farla finita con la guerra, ha una importanza particolare per comprendere il dopoguerra, l’Italia dopo il ritorno dai campi di detenzione e di concentramento. La sboba è un documento straordinario, ma è anche un racconto straordinario, un diario realizzato con tenacia e sistematicità, giorno per giorno, con buona scrittura, ricco di riferimenti e di esperienze. Un dialogo con sé e – idealmente – con sua moglie, una cronaca del mondo intorno, davvero ‘grande e terribile’. Forse è il testo più completo che si possa trovare nell’ambito dei diari che vengono dagli IMI (Internati Militari Italiani) e in specie dagli ufficiali (che avevano maggiore opportunità di scrivere che non i soldati sia per la maggiore istruzione che per le migliori condizioni di vita). Giulio Prunai è un uomo colto, che legge e che scrive per abitudine e per professione e conosce il mondo dei documenti. Come militare è fedele al Re, è conservatore, teorizza nel dopoguerra una sorta di potere nelle mani degli ufficiali. Ma è anche un uomo che non pensa mai, per salvarsi la pelle o anche solo per sottrarsi all’internamento, di aderire alla Repubblica di Salò. Descrive invece la sua delusione quando altri lo fanno. Racconta che militari italiani ‘repubblichini’ girano per i campi di concentramento cercando di portare gli ufficiali italiani affamati e in condizioni di vita davvero penose, dalla parte del fascismo e si rammarica che
molti aderiscano. Il suo più caro amico lo invita a fingere di aderire alla Repubblica di Salò per essere liberato dalla prigionia e poi poter scappare, ma Prunai su questo piano non mostra esitazioni. La vita di Prunai, internato militare n. 30067, è coatta, senza orizzonte, centrata sulla penuria e cattiva qualità del cibo, costretta alla nevrosi e al conflitto con i più cari amici e vicini di letto. Ha spesso informazioni di prima mano che vengono da ufficiali più a contatto con i tedeschi. Il campo, anzi, i vari campi di prigionia che attraversa, hanno sempre una gerarchia militare con certo ordine. Prunai riesce sempre a tenere aperta per sé la immaginazione del ritorno, costruisce il suo tempo attraverso il diario. Ogni giorno è una pagina di diario dove viene riportato il nome di un santo, è un avvicinamento alla fine “S.Gregorio (24 dicembre 1943) Venerdì”. Il diario è una sorta di luogo della possibile salvezza, ed è insieme un documento della vita prigioniera compilato da un archivista che sa che – tornando – prima o poi il suo diario sarebbe diventato un documento importante da leggere, consultare, studiare1. E’ consapevole che quel che scrive diventerà una ‘fonte’. Lui è uno dei tanti, ma sono pochi, forse nessuno, che lasceranno memorie ampie come le sue. Quando si trova in mezzo alla zona di interregno tra tedeschi in ritirata e alleati in arrivo, è sempre ben informato e racconta sempre dettagli, esperienze. Queste pagine sono tra le più belle anche come lettura di suspence, perché si vede chiaramente che la fine della prigionia ormai vicina comporta il rischio di morire ‘per fuoco ‘amico’, per ‘cannone liberatore’. Una condizione che lo rende simile – per un breve ma drammatico periodo - al vissuto di chi in Toscana viveva sulla linea del passaggio del fronte nell’estate del 1944.