Un laico cristiano: Giorgio La Pira
Nuova Antologia, 01-04-2021, Augusto D’Angelo
Sin dal titolo questa nuova opera di Piero Antonio Carnemolla pone al centro della ricostruzione un aspetto che si ritiene originale e centrale nell’esperienza di Giorgio La Pira. L’Autore, che ha frequentato a lungo e con passione temi lapiriani, è stato anche il curatore per l’Edizione Nazionale degli scritti di Giorgio La Pira del volume riguardante gli scritti giovanili tra il 1919 ed il 1924, quelli che, per essere stati elaborati nella regione d’origine, vengono anche denominati «scritti siciliani».
Il volume raccoglie otto contributi di struttura, taglio e spessore diversi. Sei di essi erano già stati pubblicati. Tra questi quello dedicato alla fraterna amicizia tra La Pira e Salvatore Quasimodo. In esso si coglie la strategia dialogante di La Pira e, più ancora, l’evoluzione graduale nel suo pensiero sull’arte e la poesia. Se in partenza l’arte è considerata quale punto che unifica ogni essenza umana e la poesia come esperienza illuminante la profondità dell’Essere, con il tempo nell’interlocuzione con poeta si manifesterà la concezione per cui l’arte poetica si sostanzia in un canto dell’anima rivolto a Dio.
La rinnovata pubblicazione di lavori come quello dedicato al confronto tra la visione della missione della Chiesa di La Pira e quella della celebre Lettera pastorale Essour ou déclin de l’Église del cardinal Suhard, arcivescovo di Parigi, edita nel 1947 e commentata dallo stesso La Pira nello stesso anno su «Cronache sociali», fornisce chiavi di lettura di lungo periodo riguardo al ruolo a cui la Chiesa era chiamata in una precisa stagione storica, e ad una rimeditazione del suo rapporto col
mondo in chiave di aggiornamento. Al tempo stesso la riproposizione della visione mariologica del sindaco di Firenze, nonché la sua proposta di santità laicale che emerge nelle lettere alle claustrali o la particolare visione teologica del ruolo della città rappresentano un insieme di squarci sull’esperienza lapiriana capaci di accompagnare il lettore nella scoperta o nell’approfondimento di alcuni punti essenziali di una esperienza cristiana che si declina proprio nella proposta di una visione rinnovata e rinnovante il rapporto tra Chiesa e mondo contemporaneo.
Discorso a parte merita l’ultimo dei contributi riedito, quello dedicato a Giorgio La Pira ed Ezio Franceschini missionari della Regalità di Cristo. In questo caso, infatti, al contributo si uniscono quasi un centinaio di lettere del periodo 1939-1977 che danno conto del rapporto tra due esponenti del sodalizio fondato da padre Agostino Gemelli nel 1928, e del quale La Pira fu membro fino alla fine della sua vita, interpretandone però in maniera originale la propria adesione, e vivendo in grande autonomia la missione di testimonianza evangelica nella realtà laicale.
Su questo tessuto si innestano i due contributi originali che aprono e chiudono il volume. Nel primo si ricostruiscono le origini modeste della famiglia di La Pira ed i suoi anni giovanili, la ricerca – fino al cammino di conversione – segnata da periodi di «concitazione» alternati a tempi di «apatia per tutto». Nel contributo conclusivo, invece, si illustrano in sintesi i rapporti tesi con alcune figure dell’istituzione ecclesiastica. Il titolo – Dire la verità è segno di autentica amicizia –
è tratto da una lettera che Giorgio La Pira scrisse ad uno dei suoi principali detrattori, il card. Alfredo Ottaviani, Prefetto del Sant’Uffizio. Questi, in un articolo apparso su «Il Quotidiano» in data 25 gennaio 1959, dal titolo Videre Petrum, aveva 382 Recensioni definito La Pira e altri sostenitori di Fanfani e dell’apertura al PSI come «comunistelli delle sacrestie».
Nella lettera ad Ottaviani, riaffermando la propria autonomia, La Pira scrisse: «Chi gridò pubblicamente contro Stalin, Hitler, contro Mussolini e contro il comunismo, in difesa della Polonia, della Chiesa, degli ebrei, e così via: il sottoscritto comunistello di sacrestia o comunista bianco – La Pira, professore di Diritto Romano dell’Università di Firenze. […] siamo adulti, responsabili, uomini di studio, non disoccupati in cerca di posti nella c.d. azione cattolica o nel c.d. partito dei cattolici: noi non abbiamo mai chiesto nulla alla Chiesa, nulla in ogni senso: perché siamo consapevoli che la Chiesa la si serve con tutto se stesso».
Questa citazione evidenzia la riaffermazione di un modo originale di essere laico cristiano perché caratterizzato sia da una notevole preparazione culturale che da un senso della libertà educata alla responsabilità, pur sempre teso – con poche eccezioni – ad esercitare una prudenza atta a non suscitare incomprensioni. Ed è in questa chiave che tanto il titolo quanto l’articolazione del lavoro di Carnemolla devono essere interpretati, quale tentativo di rispondere ad una questione che egli pone a conclusione della sua introduzione: «Si può quindi affermare che La Pira fu un cristiano post-clericale?».