La sboba
Archivio Storico Italiano, 01-10-2021, Giuliano Pinto
Giulio Prunai, La sboba. Dario dell’internato militare n.300067 dall’8 settembre 1943 al 5 settembre 1945, Edizione a cura di Maria Prunai. Commento di Nicola Labanca, 3 tomi, Firenze, Polistampa 2020, pp. LXXVIII-1000.
A distanza di molti decenni dalla sua stesura viene edito un diario che non è esagerato definire di straordinario interesse. Giulio Prunai, archivista di Stato a Siena, l’8 settembre 1943 si trovava in servizio come tenente di marina a Tolone, e lì, al pari degli altri militari italiani, fu colto di sorpresa dall’armistizio. Posto dai tedeschi di fronte alla scelta di continuare a combattere dalla loro parte o di essere internato in Germania, Prunai, al pari della grande maggioranza dei commilitoni, scelse da seconda strada. Da qui l’inizio di una lunga odissea in vari campi – da quello di Doblin, in Polonia, a quello di Wietzendorf, presso Hannover – che si concluse solo due anni dopo con il ritorno a Siena.
Il diario riporta, quasi giorno per giorno, la dura esperienza vissuta. Prunai stesso ha spiegato come avvenne la stesura del testo (pp. 5-6). Il diario fu scritto a matita su supporti di fortuna: buste di lettere ricevute da casa; sul verso bianco di un dattiloscritto che era riuscito a portare con sé, poi, esaurito tale spazio, nell’interlinea dello stesso dattiloscritto. Per sfuggire alla censura tedesca, escogitò uno stratagemma: non indicare la data del giorno, bensì il santo festeggiato. Per registrare e mantenere memoria dell’esperienza che stava vivendo, ci volle tutta la caparbietà e la pignoleria di un bravo archivista, qual era Prunai. Scrivere dovette essere anche un modo per sentirsi vivo, per esercitare una qualche forma di attività intellettuale in una situazione di estremo disagio, materiale e morale.
Tornato in Italia, Prunai mise da parte tutto il materiale e solo una trentina d’anni dopo decise di tras
criverlo a macchina, incontrando non poche difficoltà per via del deterioramento della carta e della scrittura. Nel 1983 il dattiloscritto (quasi mille cartelle) fu depositato presso l’Archivio di Stato di Siena, con la prescrizione voluta da Prunai che il pezzo fosse escluso dalla consultazione sino al 2015. Ora grazie alla grande acribia e al lavoro certosino della figlia Maria, sull’originale e sul dattiloscritto, il testo è stato dato alle stampe, arricchito da un indice dei nomi.
Rispetto alle centinaia di fonti memorialistiche di militari internati, il diario di Prunai – scritto tra l’altro in uno stile piano, senza retorica, talvolta con una vena di ironia, che ne rende piacevole la lettura – presenta caratteri di eccezionalità: non è una memoria ricostruita a posteriori, a distanza di tempo, ma una cronaca giornaliera di fatti e sensazioni, che copre uno spazio temporale lunghissimo. Da qui il valore particolare di testimonianza immediata. Si vedano, ad esempio, le pagine iniziali che descrivono le vicende dei giorni successivi all’8 settembre: le notizie confuse che arrivano da Roma, le voci che si rincorrono, e poi le discussioni tra i militari sulla decisione da prendere di fronte all’aut aut delle autorità tedesche. Nessun atteggiamento di eroismo, ma soprattutto il prevalere di sentimenti anti-tedeschi. E ancora, a fine mese, le notizie che giungono, di nuovo in modo confuso, sulla liberazione di Mussolini e sulla nascita della Repubblica di Salò Il comando tedesco fece ascoltare per radio il discorso del Duce, dopo di che venne letto un proclama nel quale si invitavano i militari a dare la propria disponibilità a tornare in Italia nelle fila del ricostruito esercito italiano per combattere a fianco dei tedeschi. Discussioni, incertezza, alcuni che accettarono pur di tornare in Italia, ma la maggior parte alla fine rifiutò.
Naturalmente gran
parte del diario testimonia delle sofferenze patite: i lunghi trasferimenti in treno; la fame (la sbobba era quella sorta di brodaglia che costituiva la quasi totalità del vitto giornaliero), il freddo, le malattie, le angherie di alcuni (non tutti) i sorveglianti tedeschi. A partire dall’autunno del 1944 cresce l’attenzione verso le vicende belliche, che stavano volgendo verso l’esito finale; vicende percepite anche attraverso i boati provocati dalle bombe e dai proiettili di cannone che arrivavano fin dentro il campo.
Nel suo ampio e importante saggio introduttivo (pp. XXXVII- LXXVIII) Labanca colloca le vicende narrate da Prunai nel contesto dell’odissea degli oltre 600 mila militari italiani che rifiutarono di aderire alla Repubblica sociale italiana: una forma di ‘resistenza’ a lungo ignorata, e che solo a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso ha ricevuto la dovuta attenzione da parte della storiografia italiana. Sottolinea poi, in modo argomentato, l’originalità e l’importanza del diario. Richiama infine l’attenzione (p. LXIII) su uno scritto assai posteriore di Prunai, che nel frattempo aveva fatto carriera sino a diventare Soprintendente archivistico per la Toscana. Membro autorevole della Deputazione di storia patria per la Toscana, egli collaborò per molti anni all’ «Archivio Storico Italiano » e in una delle sue ultime recensioni pubblicate sulla rivista (1990) prese in esame due pubblicazioni sul tema che gli stava a cuore: Resistenza senz’armi e gli atti del convegno I militari italiani internati dai tedeschi, mettendo in rilievo il merito maggiore di quelle opere: l’aver rotto «la cortina di silenzio, indifferenza e incomprensione sulle tristi vicende degli internati militari e sul loro splendido comportamento». Solo una volta che gli storici avevano parlato - commenta Labanca - «l’ex-internato ne scriveva e ne parlava».