«Il mio caro Miche, con una città dentro»
Corriere fiorentino, 24-01-2021, Ivana Zuliani
Guarducci racconta in un libro i suoi 34 anni di insegnamento, pieni di passione

«La mia è una scuola ante Covid, una scuola che forse non esisterà più». Quella scuola Maria Lisa Guarducci, professoressa alle superiori per 34 anni, la racconta nel libro Ho insegnato storia dell’arte (Mauro Pagliai edizioni). «Sarà difficile fare il lavoro che si faceva prima in aula, dilungarsi dopo una lezione ad approfondire un tema con gli alunni, o solo dare una pacca sulla spalla di incoraggiamento». Guarducci, dopo l’infanzia passata a Orvieto, è tornata nella sua città di origine, Firenze, per studiare Storia dell’Arte Medievale, iniziando a collaborare con la sezione didattica degli Uffizi e con l’Ufficio Catalogo della Soprintendenza. Allora vedeva il suo futuro nei musei, non in un’aula scolastica. Poi ha vinto il concorso per insegnanti e ha iniziato «un’avventura appassionante che mi ha portato per ta
nti anni in classe davanti a ragazzi curiosi, vivi, desiderosi di imparare e di intraprendere il loro viaggio straordinario nella vita alla conquista della propria individualità, della propria libertà». Dopo alcuni anni in professionali, istituti d’arte, alberghieri, nel 1992 è approdata al classico Michelangiolo di Firenze, dove è rimasta fino alla pensione, un anno e mezzo fa. «Lo dico subito: per me lavorare al Miche è stato un onore – afferma – I ragazzi che passano da qui provengono da ambienti che condividono con me un sentimento di affetto per la propria città, delle cui fortune artistiche sono ben consapevoli e orgogliosi. Ho sempre lavorato con impegno a scuola perché questo è stato il modo che ho avuto per ricambiare Firenze di quanto (tanto!) mi ha dato e continua a darmi». Ha sempre immaginato una scuola aperta «con le pareti di vetro come auspicava Walter Gropius per il suo Bauhaus». Per questo h
a portato prima gli studenti fuori dalle mura scolastiche, a fare visite guidate in loco, con il Progetto Santa Croce, e poi la città dentro la scuola, dando vita con la preside Patrizia D’Incalci («è stata una fortuna averla incrociata sulla mia strada professionale»), «I Pomeriggi del Michelangiolo», invitando personalità di primo piano della cultura e dell’arte a parlare di fronte a una platea di studenti, sempre attenta. Il ricordo di una vita di insegnamento assume nel libro i contorni di una riflessione appassionata sull’arte e sulla sua funzione educativa, talvolta sottovalutata, osteggiata da una burocrazia granitica o da istituzioni avverse all’innovazione. «La scuola è cambiata molto, fatta sempre più di tecnicismi, burocrazia e scartoffie. Spero si torni a parlare di didattica, di programmi e del valore della scuola, ridando dignità culturale agli insegnanti e rimettendo al centro gli studenti».