Riscoprire Giuseppe Giusti. Religiosità e modernità
La Rassegna della Letteratura Italiana, 01-07-2020, Elisabetta Benucci
Il volume di B., studioso da tempo del poeta satirico e presidente degli “amici di casa Giusti” (attiva associazione che opera con iniziative culturali presso il Museo Nazionale di casa Giusti a Monsummano terme), riporta all’attenzione del pubblico l’opera e il pensiero di uno dei più straordinari protagonisti culturali dell’ottocento italiano. Il volume, infatti, esce circa dieci anni dopo gli importanti lavori e pubblicazioni del comitato nazionale per le celebrazioni del bicentenario della nascita di Giuseppe Giusti (1809-2009), presieduto da Enrico Ghidetti, che aveva organizzato mostre, convegni e giornate di studio a Monsummano, Firenze, Prato e Pistoia e ne aveva pubblicato gli atti (Giuseppe Giusti, Firenze, RM Print editore) nel 2012.
Di fatto, B. riparte dai pregevoli lavori del comitato e prosegue nella linea indicata da quella fiorente stagione di studi. Ecco l’Indice del volume, da poco edito e accolto nella prestigiosa collana della Fondazione Nuova antologia: Presentazione di Cosimo Ceccuti, pp. 7-10; 1. Introduzione (quasi una conclusione), pp. 11-28; 2. Prima parte: Il poeta Giusti inserito da credente nella modernità del suo tempo, caratterizzato dal doppio volto della Restaurazione, pp. 29-152; 3. Seconda parte: Itinerario storico della biografia del Giusti, dei suoi testi e della sua religiosità e modernità, pp. 153-428; Appendice: I rapporti del Giusti con la diocesi di Pescia e con gli ambienti ecclesiastici della Valdinievole, pp. 429-436; Conclusioni (provvisorie), pp. 437-440; Indice dei nomi, pp. 441-452.
Dopo la Presentazione di Ceccuti, che ripercorre la storia dei rapporti fra Giusti e il suo tipografo-editore Felice le Monnier, B. presenta una prima parte, di taglio essenzialmente storico (Giusti e progresso, scienza e tecnica..., Giusti e i problemi della Toscana granducale..., Giusti e il sentimento nazionale..., Giusti e il suo particolare Romanticismo..., Giusti e la lingua..., Giusti e l’interesse giuridico-costituzionale...), nella quale contestualizza la figura del poeta satirico. L’A. dedica poi molte pagine alla Religiosità del Giusti, “scrittore arciprofano” tra secolarità e secolarismo: “Io ho creduto sempre”, affrontando così un problema di non facile soluzione.
Se si può essere più o meno d’accordo sull’ipotesi di B. («Se dunque il Giusti, religioso per “intima convinzione”, è conseguentemente convinto che chi voglia scrivere versi di contenuto sinceramente religioso, deve credere in Dio», p. 91), è anche vero che le riflessioni dello studioso sulla presunta religiosità del poeta possono stimolare un riesame della questione, alla luce anche, li vogliamo ricordare – come li ricorda lo stesso B. a p. 16 –, dei diversi pareri sull’argomento: da luigi Baldacci, che nel suo scritto Destino del Giusti
(negli atti del convegno Giuseppe Giusti. Il tempo e i luoghi, Firenze, olschki, 1995) riteneva che la dimensione religiosa fosse «sempre rimasta estranea alla natura» dell’uomo-poeta, a Nunzio Sabbatucci che riconosceva, curando le Opere di Giuseppe Giusti (a p. 38, dell’edizione Torino, Utet, 1976), che «anche se i suoi Scherzi, non soltanto quelli giovanili, sono pieni di allusioni anticlericali, il Giusti non fu mai uno scrittore antireligioso; ed ebbe fra i suoi amici più cari molti preti; magari liberaleggianti e letterati, ma preti».
Certo si fa un po’ fatica, a mio parere, ad accogliere le tesi di B. – basta scorrere anche solo gli scherzi dati alle stampe dallo stesso Giusti e riproposti in edizione da Enrico Ghidetti e da chi scrive (Giuseppe Giusti, Poesie, Firenze, RM Print Editore, 2010). In particolare, nell’introdurre Il Papato di Prete Pero, Ghidetti scrive: «“Ho buttato sulla carta anco il Papato di prete Pero, e questo sì che ha bisogno del vostro imprimatur, sebbene sia certo che il mio papa è cristianissimo” [a Gino capponi, 4 maggio 1845]. Così Giusti – ghibellino di stampo niccoliniano che sulle orme di Machiavelli considerava la Chiesa di Roma origine di tutti i mali d’Italia – porta il suo contributo alla discussione suscitata dal Primato morale e civile degli italiani di Gioberti (1843) e da Delle speranze d’Italia di Cesare Balbo (1844), spostando la discussione sul terreno dell’utopia in chiave parodica. La questione della missione del papato nel processo graduale di redenzione dell’Italia, rivendicato dalla cultura neoguelfa, è quindi alla base della ironica richiesta della licenza all’amico Capponi».
Analogamente, si può rileggere il feroce scritto A quelli che verseggiano la religione, ristampato a cura di chi scrive proprio sulle pagine della «rassegna della letteratura italiana» (2009, 2, pp. 464-476), che sembrerebbe non lasciare dubbi. In esso Giusti denuncia una specie di mercimonio della religione dovuta anche alla “moda” del tempo («gli atei fanno il salmista, e pochi oramai son quelli che sappiano che cosa è amore, e che di cuore dicano un Pater noster») e consiglia ai poeti di abbandonare i temi inerenti la religione o le polemiche che la riguardano per trattare argomenti «più usuali» come «gli affetti di famiglia, di fratellanza, di patria». È la polemica contro gli “innografi” di derivazione manzoniana, uno dei temi che ritornerà più frequentemente nelle opere e nelle lettere di Giusti. Già nello Stivale il poeta aveva dichiarato apertamente la sua avversione per i seguaci della scuola romantico-cattolica d’ispirazione manzoniana (eccettuato naturalmente Manzoni), che si erano dati alla poesia religiosa per opportunismo e moda letteraria: «e l’ho con certi grulli di poeti, che in oggi si
son dati al bacchettone» (Lo stivale, vv. 129-130). Sono gli atei-salmisti ricordati al v. 110 del componimento A Girolamo Tommasi. Origine degli scherzi; sono i «nostri letterati frateschi, autori d’inni sacri ed altre buggerate fatte per la libidine d’andar dietro al Manzoni che meritava di non avere a imitatori gli atei che fanno il salmista e il predicatore», descritti nella lettera a Girolamo Tommasi del giugno del 1839. Ma così è anche Momo, il protagonista dello scherzo A un amico dedicato a Pietro Giordani (1840), «che s’è dato al serio e oggi gratta il salterio»; né si può dimenticare il primo verso dell’Arruffa-popoli: «ateo, salmista, apostolo d’inganno».
Tuttavia, l’accurata, minuziosa e attenta documentazione presentata da B. – corroborata anche dalle considerazioni di Marco Sterpos, che nell’ampio e documentato saggio Istanze di riforme religiose nelle opere di Giuseppe Giusti (sempre nella «Rassegna della letteratura italiana», 2014, 1, pp. 77-99) sosteneva che «nel poeta toscano l’anticlericalismo, lungi dal significare irreligiosità, è espressione di una coscienza religiosa ferita da una chiesa che ha vergognosamente tradito [...] gli insegnamenti di Cristo e del Vangelo» – induce a riflettere, come si è detto, su una questione che rimane aperta e che potrà aprire la strada a nuove considerazioni.
La seconda parte del volume presenta un informato itinerario alla biografia del Giusti, una vera e propria “guida” alla riscoperta della vita e dei luoghi del poeta: dagli anni pisano-pesciatini, quando Giusti era alla ricerca di “se stesso”, all’arrivo a Firenze, alla cerchia degli amici, agli scherzi più noti, all’incontro con Manzoni, alle ultime poesie, quando le disillusioni creano una poesia diversa, meno “scherzosa”, ma più riflessiva e matura. importanti anche le pagine dedicate al Giusti editore di Parini, dove la figura morale del poeta di Bosisio, per il quale l’amore per la libertà non si scompagna mai da quello per la virtù e la moderazione, domina le pagine dello scrittore monsummanese. La fortuna del Giusti è sempre stata oscillante: dallo straordinario successo di pubblico nel tempo che fu suo – come nessun altro dei poeti del risorgimento riuscì a coniugare, pur nella apparente occasionalità e frammentarietà dei suoi «scherzi», i temi del riscatto nazionale e della critica della società civile – al declino della sua fortuna letteraria a partire dalla fine dell’ottocento, al recupero novecentesco di Pietro Pancrazi in chiave di attualità, alle giornate di studio negli anni 19941995, alle già ricordate celebrazioni del 2009 (continuate di fatto fino al 2011). ora, il volume di B. servirà a parlare nuovamente, in varie sedi, di Giusti e del suo tempo: è anche questo uno dei meriti del libro.