Lo scultore del re e il senso della donnola
Corriere fiorentino, 26-05-2019, Luca Scarlini
Per solito Giovanni Battista Caccini è ricordato per le due statue de L’estate e L’autunno, che ornano il ponte a Santa Trinita, mentre le sue numerose figure allegoriche a Boboli, vengono spesso viste distrattamente nella visita ai giardini. Però la specialità dello scultore, nato a Montopoli, nella Val d’Arno, erano i ritratti. Nel Salone dei Cinquecento, spicca il gruppo, di sua mano, Carlo V incoronato da Papa Clemente VII, ma il suo talento spicca anche nei dettagli. Nello stesso lu
ogo, infatti, il monumento a Francesco I, ha nella base una donnola, in stucco bianco e oro. L’animale era, per la sua simbologia, doppio: rappresentava allo stesso modo l’innocenza, per il suo manto, e la crudeltà, per le unghie aguzze con cui caccia le prede. Il granduca alchimista era attratto da un altro significato: in bocca, il mustelide, reca infatti una foglia di ruta. Per popolare credenza, si riteneva che così si difendesse dall’aggressione dei suoi nemici principali, i rospi ve
lenosi. Il motto è Amat Victoria Curam, ossia «La vittoria ama la prudenza»: secondo il memorialista Gerolamo Ruscelli, scopo di quella figurazione era chiarire al mondo come egli, dotato della sapienza, simboleggiata dalla pianta miracolosa, che tutti ritenevano perfetto antidoto ai veleni, fosse sempre pronto a difendersi dagli attacchi. Di questa e di altre curiose figure, parla ora il documentato libro di Luciano e Ricciardo Artusi, Gli animali nella storia di Firenze, edito da Sarnus.