Manfredi il pittore innamorato della vita
Il Giornale della Toscana, 09-09-2006, Marco Ferri
Tra i trenta grandi ritratti di Manfredi, pittore fiorentino prossimo agli 80 anni, ce n’è uno particolarmente affascinante e misterioso. Nella targhetta annessa, oltre all’anno di realizzazione (il 2003), è indicato un nome: Koba. È un giovane con la barba, sui trent’anni, sguardo intenso, bavero semialzato e fazzoletto a pois al collo.«È un giovane - ha detto Manfredi - le cui azioni, svolte nell’arco di 50 anni, hanno avuto nel bene e nel male, ripercussioni fino ai giorni nostri. È il ritratto di Iosif Vissarionovic Dzugasvili, cioè Stalin. Si faceva chiamare così, Koba, e il dipinto l’ho fatto avendo per modello una foto segnaletica della polizia». Si intitola Autobiografia della memoria la mostra dei grandi dipinti di Manfredi ospitata fino al primo ottobre nei locali dell’Archivio di Stato di Firenze. L’esposizione - in tutto sono visibili 34 opere recenti dell’artista che predilige colori acrilici su masonite - rientra nel programma degli «Eventi Pagliai», la casa editrice (Polistampa) che ha curato il bellissimo catalogo che ha vita propria: dal titolo Manfredi. Ritratti e aforismi, contiene i pensieri dei personaggi a lui più cari (come Bernhard, Nietzsche, Kafka, Rilke e Pessoa) alternati ad altri da lui composti. Dopo il «battesimo» del catalogo al Gabinetto Viesseux, la mostra vera e propria è stata presentata ieri all’Archivio di Stato di Firenze alla presenza di due storici dell’arte che hanno introdotto sia l’artista sia la sua opera. Giorgio Bonsanti, già direttore dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, ha ricordato che la mostra era stata concepita per la galleria «Strozzina» di Palazzo Strozzi. Poi i problemi economici
ne impedirono la messa in atto e solo oggi è stata recuperata l’idea e la realizzazione. Secondo Bonsanti «la mostra dei grandi dipinti di Manfredi propone un genere di rapporto e dialogo davvero particolare che viene tradotto in pittura. Si tratta infatti di opere di grande qualità e di elevata espressione culturale. Io ritengo che una mostra del genere - ha concluso - dovrebbe viaggiare e farsi conoscere in altre sedi». Per Giorgio Seveso, critico d’arte e giornalista ligure, «Manfredi è un artista controcorrente: dipinge per accostarsi alle profondità della vita. Purtroppo oggi i vistatori delle mostre hanno con le opere un rapporto di “consumo”. Invece occorre soffermarsi e ascoltare ciò che queste vogliono trasmettere. L’originalità di Manfredi - ha proseguito - è anche dovuta al fatto che è un grande polemista e i suoi aforismi sono simili ai ritratti, in cui i personaggi sono indagati nelle loro personalità». Esprimendo un giudizio strettamente di merito, Seveso ha detto che «nei quadri di Manfredi non c’è realismo, ma dilatazione lirica». E in effetti le varie figure sono come sospese in una scenografia che parrebbe scollegata al soggetto: Manfredi si basa sull’iconografia nota dei vari personaggi, ne rispetta la fisiognomica, ma poi «gioca» coi colori. «Quel che dico, lo dico con la pittura - ha detto Manfredi - e non mi riuscirebbe dipingere queste figure se non mi trasmettessero emozioni.
La mostra, allestita dall’architetto Luigi Cupellini, vede esposti trenta ritratti di celeberrimi personaggi delle arti, della letteratura, della musica e della filosofia, oltre a tre grandi paesaggi e un gruppo di figure realizzati c
on la stessa tecnica. L’esposizione è un tributo ai miti dell’anima manfrediana: Thomas Bernhard, Edwig Stavianiecek, Koba, Fernando Pessoa, Johann Sebastian Bach, Friederich Nietzsche, Franz Kafka, Federico Garcia Lorca, Wanda Landowska, Anton P. Checov, Voltaire, Johannes Brahms, Lev Tostoj, Maximilian Robespierre, Arthur Rimbaud, Kate Kolwitz, Gabriele D’Annunzio, Giacomo Puccini, Marino Moretti, Grazia Deledda, Rainer M. Rilke, André Malraux, Fedor Dostoevskij, Ivan Turgenev, Ivan Gonciarov, Albert Camus, Marguerite Yourcenar, Margherita Hack e infine la madre dell’artista, Gabriella Reggio, sua iniziatrice all’arte e al culto dei suddetti personaggi: «Mamma aveva una grande libreria - ricorda l’artista - dove custodiva tanti libri. È lei che mi ha fatto conoscere D’Annunzio, Dostoevskij, Nietzsche e tutti gli altri. Lì per lì non li capivo, poi sono diventati importanti per me. Non solo: è stata lei a iniziarmi alla pittura». Con i tanti personaggi protagonisti della mostra, Manfredi ha un legame ideale profondo, nonostante appartengano tutti al passato, ad eccezione dell’astrofisica Hack: «Le voglio bene e l’ho dipinta - ha detto Manfredi - perchè pur senza essere scienziato la penso esattamente come lei su tante cose. E poi perchè veniamo dalla stessa zona di Firenze». Sono tutti protagonisti della sua autobiografia mentale perchè con le loro opere gli hanno donato emozioni uniche e stimoli creativi. Infine una notazione non comune: la mostra è interamente finanziata da una misteriosa mecenate che, pur presente al vernissage e conosciuta solo dall’artista e pochi altri, è voluta rimanere anonima.