A Firenze i marmi monumentali di Park Eun-Sun
ArteIn, 01-08-2016, ––
Dopo i Mercati di Traiano di Roma nel 2014 ora è la volta di una Firenze che si spalanca davanti a Piazzale Michelangelo e propone altresì gli spazi magici di fronte a Palazzo Pitti e a Palazzo Vecchio. Evidentemente le sculture monumentali di Park Eun-Sun non temono il confronto con la grande arte del passato. D’altronde il maestro coreano ha saputo coniugare l’oriente delle personali origini con l’occidente della sua crescita (giunto in Italia, ha continuato dal 1993 gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara) realizzando opere ammantate di una armoniosa “classicità”. A partire dalla listellata bicromia dei marmi o dei graniti che rimanda a certa architettura medievale. I
l Novecento invece emerge dal dichiarato rapporto con la “colonna infinita” di Costantin Brancusi: le “colonne” di Park che sfidano il cielo si nutrono della stessa utopica illusione custodendo in più nel proprio intimo il tarlo di quella precarietà che contraddistingue e limita il sogno d’onnipotenza dell’uomo d’oggi. Afferma infatti Park: “Le spaccature rispecchiano i pensieri, le nevrosi, le paure, la rabbia. Appaiono comunque come un segno concreto di vitalità. Vanno lette come un atto rigenerativo che consente di far emergere la parte più nascosta della materia”. Comunque il visitatore che intraprende l’iter espositivo rimane immediatamente affascin
ato dal divenire di ogni composizione venendo quindi turbato dalla ricorrente presenza di una linea corrosiva che giunge alla superficie e pervade l’intero impianto costruttivo. Addirittura in Colonna infinita accrescimento II l’ascensionale movimento cilindrico viene bruscamente interrotto da una frattura obliqua che fa scivolare la parte superiore fino al limite del crollo. Invece Duplicazione continua ricorda la doppia elica del DNA che identifica ciascuno di noi poiché chiama in causa due sfere appaiate che si moltiplicano avvitandosi verso l’alto. Anche il loro percorso è scandito dall’immancabile linea di frattura. Come un segno continuo di ammonizione o come un ineluttabile marchio del destino.