Stefano Gallerini, Antifascismo e Resistenza in Oltrarno. Storia di un quartiere di Firenze, Firenze, Carlo Zella, 2014, pp. 224
Rassegna Storica Toscana, 01-01-2015, Andrea Becherucci
Stefano Gallerini, Antifascismo e Resistenza in Oltrarno. Storia di un quartiere di Firenze, Firenze, Carlo Zella, 2014, pp. 224 Ernesto Ragionieri scriveva, nel lontano 1975, a proposito del comandante della divisione Garibaldi «Arno» Aligi Barducci caduto in piazza S. Spirito l’8 agosto 1944 che «le classi subalterne non scrivono, o non scrivono molto, e allora lo storico conservatore, poiché non scrivono, ritiene che le classi subalterne non pensano e non sentono».
Nel lavoro di Stefano Gallerini sembra riecheggiare questo monito quando l’autore ci accompagna attraverso le pagine del suo lavoro per scoprire l’identità che caratterizza l’antifascismo presente nei quartieri che si trovano sulla riva sinistra dell’Arno e in particolare il quartiere popolare per eccellenza del capoluogo toscano, San Frediano.
Il concetto di «antifascismo popolare» ha fatto molta fatica a emergere e a essere utilizzato dagli storici. Nel 1978, Marco Palla poteva scrivere a conclusione della sua ricerca su Firenze nel regime fascista che «l’antifascismo di guerra» non poteva essere compreso senza conoscere «le radici, spesso sconosciute, di quell’antifascismo popolare, elementare e sotterraneo, che non aveva cessato di vivere e di alimentarsi attorno a luoghi e a persone, ambienti e circoli indifferenti al clamore della propaganda fascista e non soggiogati da un regime che sembrava onnipotente e imperituro». Molti anni più tardi è toccato a G. Santomassino riparlare di antifascismo popolare in un saggio presente nella raccolta Antifascismo e dintorni proposto al convegno su Presenza e attività dell’antifascismo a Firenze e provincia i cui atti sono rimasti inediti. Ancora pochi sono però gli studi dedicati all’analisi di questo fenomeno nei grandi centri urbani e ancor meno quelli che si riferiscono a determinati quartieri di queste città.
Naturalmente una delle ragioni di questa scarsa evidenza è proprio quella segnalata quasi quarant’anni fa da Ragionieri, ossia la deficienza di fonti prim
arie che non siano le carte di polizia che ci restituiscono una fotografia unidimensionale del fenomeno schiacciato sull’immagine che ci è fornita dagli apparati repressivi dello Stato.
Stefano Gallerini racconta la nascita e lo sviluppo del sovversivismo presente storicamente neli quartieri d’Oltrarno – dovuto alla sua composizione sociale, a un’economia al limite della sopravvivenza e alle sue stesse strutture abitative – il progressivo incanalamento di queste forme spontanee di protesta quasi endemica, già presenti fin dal periodo dell’Italia liberale, nelle forme strutturate dei circoli e dei partiti operai (in un primo tempo anarchici e socialisti, poi comunisti), infine la lotta organizzata contro il regime fascista, prima in clandestinità e poi alla luce del sole.
In questa accurata ricostruzione emergono per la prima volta alcuni punti rimasti finora in ombra come, ad esempio, una presenza del movimento degli «Arditi del popolo» più significativa di quel che si pensava. Tutta la seconda metà del 1921 vede l’Oltrarno teatro di un susseguirsi di scontri tra squadre fasciste e ronde di arditi del popolo a partire dall’agguato – tra il 4 e il 5 agosto 1921 – in cui trova la morte il netturbino e ardito del popolo Amedeo Mazzetti. Per molte settimane dopo quest’evento luttuoso l’Oltrarno è sconvolto da ripetute manifestazioni di violenza che vedono opposti gruppi di fascisti e arditi del popolo.
Vi è inoltre, nel libro, una conferma a quanto già notato in precedenza da altri studiosi, ossia la volontà del fascismo di porsi come guardiano e rappresentante delle più autentiche manifestazioni dello spirito fiorentino così ben presenti in Oltrarno. A questo scopo vengono allestite o riesumate dal regime una serie di manifestazioni allo scopo di esaltare il folklore locale ma, anche, allo stesso tempo, di disarticolare quella solidarietà di classe che costituisce il substrato prepolitico del dissenso organizzato presente nei quartieri d’Oltrarno. Per la stessa ragione il fasci
smo avvia in questi quartieri l’insediamento di una rete di strutture assistenziali una volta fallito il progetto di bonificare una volta per tutte l’Oltrarno affidato al «Piccone risanatore».
Con il consolidarsi del regime, il partito comunista emerge come il più organizzato e determinato a contrastarlo. Molti dei suoi militanti più preparati e coraggiosi vengono dall’Oltrarno: Fosco Frizzi, Faliero Pucci, Armando Castellani, Guglielmo Torniani, Otello Montelatici.
Gallerini scrive che nell’estate 1926 – dopo una retata effettuata dalla polizia che porta all’arresto di oltre ottanta persone – «l’antifascismo popolare era venuto progressivamente configurandosi come la naturale prosecuzione di quel ribellismo istintivo e primitivo che nella cultura popolare dell’Oltrarno aveva tradizionalmente contrassegnato il rapporto tra i ceti subalterni e l’autorità dello stato» (p. 108).
I comunisti riescono a penetrare a fondo nel tessuto sociale dell’Oltrarno da un lato, per la scelta di operare in clandestinità prima che questo diventi una necessità imposta dalle circostanze e dall’altro per la loro indubbia capacità d’interagire con l’ambiente.
Quando poi dall’ottobre 1943 l’opposizione politica clandestina si trasforma in lotta armata, i quartieri dell’Oltrarno sapranno riannodare come pochi altri i fili della continuità con l’antifascismo del 1920-’21 finendo per diventare «dal settembre 1943 all’agosto 1944 il cuore pulsante della resistenza popolare al nazifascismo nella città di Firenze» (p. 178).
Segnaliamo che nella nota 147 a p. 96 è citato il ministro dell’economia corporativa e poi della produzione industriale della RSI Angelo Tarchi erroneamente chiamato Marco. Marco Tarchi, nipote del precedente, insegna Scienza politica alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Firenze.

«Rassegna Storica Toscana», Anno LX, n. 2, luglio-dicembre 2014
Andrea Becherucci