Le ferite di Susy, bambina in lotta per trovare il sorriso
La Repubblica, 26-10-2014, Fabio Galati
Una ferita non è una vergogna. Se si sopravvive può aiutare a diventare più forti. L’importante è raccogliere i cocci. Sceglierli uno a uno e rimetterli insieme. In Giappone è un’arte, si chiama Kintsugi. Si riempie la spaccatura con una goccia d’oro, per rendere omaggio alla nuova bellezza dell’oggetto, ricco di memoria anche grazie a quella frattura. A metà del suo libro Susanna Madarnàs cita proprio il kintsugi e svela il tema di fondo del suo “Susy Cacao”, in libreria per la fiorentina Mauro Pagliai Editore.
Di ferite Susanna ne ha ricevute molte nella prima parte della sua vita. A diciannove anni è sbarcata a Firenze, ha gestito due locali, ha vinto parecchie gare per i Canottieri Comunali, ha incontrato l’amore con Lorenzo e da alcuni anni condivide con lui le corse da tassista nelle strade della città.
Ma nei
suoi primi diciannove anni le cose sono andate molto diversamente. “Susy Cacao” (il soprannome è legato ad una canzoncina che cantava da bambina) è la sua storia. Una vita declinata tra la Spagna e la Svizzera, provvisoria e tormentata, dominata dal rapporto con la mamma, Annarita. È a lei che tutto sommato Susanna guarda per tutto il romanzo. Per criticarla e giudicarla. Ma sempre con la voglia di capire, di trovare una spiegazione, anche una giustificazione.
Chi legge il romanzo scoprirà così che Annarita era fuggita da un matrimonio precoce nel sud Italia, aveva iniziato a girare il mondo, si era innamorata di un sassofonista malese. Era rimasta incinta di Susy, ma lui, come promesso, era sparito alla nascita della bambina. La piccola Susanna cresce nei primi anni con una mamma piena di assenze, fino a quando non si trova spedita in orfanotrofio perché Annarita si ammal
a di tumore. Da lì l’affidamento a una famiglia in cui la piccola trova il calore che le è sempre mancato. Fino a quando la mamma, che si è ripresa dalla malattia, non pretende di riaverla in famiglia. Ma in quell’apparente nuovo nido Susy trova anche l’uomo che diventerà la parte oscura della sua vita: il patrigno. Una sera lui entra nella sua stanza e iniziano le molestie. Abusi che la tormenteranno a lungo, fino a spingerla alla prima fuga da casa. Ne seguiranno altre, fino all’incontro con un giovane tossico. Susy resta incinta, viene indotta ad abortire. Sembra una fine cupa.
Invece è un inizio. Con la testa piena di domande inespresse sulla mamma e su quanto avrebbe potuto fare per fermare il patrigno, Susy arriva a Firenze. Dove le ferite diventeranno cicatrici da segnare con una goccia d’oro. Per mostrare la strana bellezza di una rottura ricomposta.