I tasselli del mosaico
Nuovo Paese Sera, 27-08-2014, Riccardo Cammelli
Fabio Panerai, “I vetri sui muri. Prato da campagna a città tra mito e storia”, Polistampa, 2014 Il figlio del mugnaio racconta e si racconta, dipingendo un piccolo affresco di storia locale. Odori, colori, suoni della campagna pratese, in quella «piana umida di zanzare e nebbia», tra fossi, gore e canneti che rimanda a tratti al “Pinocchio” di Collodi e al primo Bulgakov degli “Appunti di un giovane medico”: un brulicare di umanità varia, sacerdoti di paese, superstiziosi, baciapile e beghine, mammane, processioni, il tutto intercalato da orti e stalle, da mercatini con bancarelle di balocchi, brigidini e addormentasòcere.
Non si tratta di un paesaggio immutabile, né Panerai vuole farne un manifesto nostalgico, tutt’altro: il racconto insiste sulla trasformazione senza rimpianti, vero tema dell’opera. Dai patimenti della fame all’abbondanza del consumismo, dalle trecciaiole alle rammendine, segnale
di mutamento al femminile di una condizione lavorativa legata allo sviluppo del tessile. Al posto dei campi arrivano gli stanzoni e le fabbriche, e dal magma del galoppante futuro distretto emergono i “nuovi ricchi”, che hanno preso l’ascensore sociale portandosi dietro la subcultura di provenienza. E’ proprio questa che fa da palla al piede per chi – come ironicamente fa notare Panerai –si sforza di mutare il vocabolario per cancellare il proprio passato, cercando di smettere con le parole in dialetto. E siccome tutto cambia, anche i comunisti sulla spinta di Kruscev e del disgelo provano ad andare alle manifestazioni religiose, mentre qualche industriale – con calcoli squisitamente utilitaristici, come ravvisa l’autore – si avvicina a via Frascati. Parentesi in chiaroscuro: il paesino dei canneti e delle zanzare diviene quello dei miasmi e dei fumi delle ciminiere, Prato si inorgoglisce col progresso, ma il torbido dei Celestini riporta la ci
ttà a rango di paese, dei peggiori. L’area principe dell’export laniero italiano porta con sé l’onta di un mondo fatto di violenza, perbenismo e ipocrisia, che fa il paio con l’episodio dei “concubini”.
I tasselli del mosaico vengono aggiunti di volta in volta, di ricordo in ricordo, alimentando o smentendo miti e leggende, chiacchiere di paese e realtà storica. Smentendo sul finale anche il famoso “c’era una volta” sulle chiavi lasciate nelle toppe degli usci. Altro che: «si rubava poco e spesso», e sempre cibo, e si nascondeva tutto, oppure si chiudeva a chiave, si barricava la proprietà. Così come si mettevano i vetri, i cocci di bottiglia, sulle estremità dei muri, perché i ladri non li scavalcassero. Vetri sui muri, prima che giungesse la società dei consumi, che Panerai non critica affatto, «contento di vere visto il prima per gustare meglio il dopo».