Dipinsero la loro Ferrara fuori dai confini estensi
La Nuova Ferrara, 20-07-2014, Micaela Torboli
Eccentrico equivale a “fuori di centro” e in geometria è una figura contenuta in un’altra, ma con un centro diverso. Una descrizione perfetta per Dosso e Battista Dossi è proprio questa: uno insieme all’altro nel lavoro e nella vita, ma ognuno volto ad un fuoco diverso, in perenne contrasto pur nella forzata unione dei fatti. Fratelli diversi, pericolosamente insieme. Il loro lavoro è specchio nettissimo del momento e dell’ambiente in cui vissero. La malasorte ha portato via da Ferrara quasi tutto quanto dipinsero nella città estense: basta scorrere l’elenco delle opere esposte a Trento, solo tre giungono da Ferrara, Il sapiente dell’antichità di Dosso, la Agonia nell’orto e il San Giovanni di Battista, tutti patrimonio della nostra Pinacoteca Nazionale. Chi conosce gli scritti di Vincenzo Farinella, curatore dell’esposizione trentina e del catalogo, sa che la passione che nutre per la Ferrara estense fa rivivere l’intima essenza della cultura di allora, come è chiaro nel suo studio (Firenze, Polistampa, 2007) su uno dei capolavori dosseschi in mostra, il Giove pittore di farfalle. Anche nel caso dei Dossi, come per gran parte del Cinquecento ferrarese, si può parlare di un estremismo culturale così labirintico da disorientare chiunque. Avendo letto in anteprima parte delle bozze del catalogo
che generosamente Farinella mi ha trasmesso, posso trarre alcuni spunti che invitano a visitare l’esposizione di Trento. Dal 1531 il cardinale Bernardo Cles aveva al lavoro nel suo Magno Palazzo trentino in via di abbellimento i Dossi ferraresi, per conferire all’edificio un tono aggiornato ben diverso da quello che avrebbero potuto ottenere i pittori locali. Oltre all’impronta in stile classico alla romana, tanto vicino al gusto dell’epoca e che i Dossi facilmente emulavano perché cercavano di assorbirlo, ripeterlo ed esaltarlo, si ritroveranno in Trento echi inevitabili di quanto Ferrara portava fuori dai propri confini. Come aveva fatto Firenze al tempo di Leonardo, una buona propaganda per Ferrara era quella di lasciar uscire temporaneamente le sue eccellenze per averne un riscontro in termini di gloria e di prestigio. Non per nulla il Magno Palazzo è disseminato in più punti da richiami al Palazzo dei Diamanti che si svelano nelle bugne a punta di diamante che ne ornano diverse sezioni esterne. Certo l’interesse per Ferrara non è l’unico o il predominante nel ricco insieme decorativo dell’edificio, declinato nei variegati e talvolta quasi incompatibili interessi culturali di Cles. Però vi ha lasciato un’impronta incancellabile. I Dossi rimasero fedeli a Ferrara. Pur cercando di adattarsi ai desideri del committente, ch
e voleva creare a Trento una piccola Roma anche perché sperava un giorno di diventare papa, persistettero nel loro più profondo sentire, tanto da proporre in pittura nella montanara Trento i loro panorami padani e nebbiosi o le mitologie amate alla corte estense, popolata di dei olimpici e non da gnomi e fate tipici delle leggende dolomitiche. Gli studiosi più disincantati rimpiangono però le acute stravaganze dossesche, straferraresi, quasi esiliate nel Magno Palazzo: la normalizzazione alla romana voluta da Cles aveva spuntato molte frecce nell’arco dei nostri pittori, è palmare confrontando quanto esiste ancora a Trento per mano dei Dossi, e le tele esposte in mostra, in molti casi genuine quintessenze delle particolari declinazioni artistiche del Cinquecento ferrarese più altamente sovversivo ed eccentrico, appunto. Portare a Trento i due Dossi fu un bel colpo, perché la loro bottega produceva oggetti d’arte di ogni tipo, pitture ovviamente, ma anche squisitezze per gli appartamenti, ornamenti per i cavalli, bandiere, disegni di stoffe e mille altri progetti, certo molti manufatti alla moda ferrarese furono richiesti alla compagine in trasferta. Il lato economico vantaggioso di queste lunghe assenze dalla patria era la molla che scattava per gli artisti, obbligati talora, come i Dossi, ad essere pedine della politica degli Stati italiani.