Il Paradiso degli Alberti
Antiqua.mi, 01-10-2014, Andrea Bardelli
Desideriamo segnalare un ciclo di affreschi tardo trecenteschi, noto come “Paradiso degli Alberti”, che si trova in una cappella ubicata in una località omonima nei pressi di Firenze.
Si tratta di affreschi raffiguranti Storie della Passione di Cristo, dalla Trasfigurazione al Giudizio Universale, collocati su tre pareti, mentre la quarta parete è occupata da un affresco che rappresenta Il Paradiso, da cui forse il toponimo. La storia racconta che nel 1392 Antonio degli Alberti, aristocratico umanista fiorentino, aveva promosso la fondazione di un monastero intitolato a santa Brigida, mistica svedese fatta santa solo un anno prima.
Nel 1395 l’Alberti fece dono alla comunità monastica anche di una preesistente, antica cappella dedicata a Santa Maria e Zanobi a Fabroro che fu subito destinata a chiesa del monastero e affrescata. 
L’impresa decorativa fu affidata a Niccolò di Pietro Gerini, come dimostra una lettera del 1395 in cui si legge: “Niccholò dipintore è al Paradiso di Messer Antonio”. Suo collaboratore abituale era Ambro
gio di Baldese ed è a questi due che si deve l’intero ciclo affrescato della cappella oppure, forse, solo le pareti con le storie di Cristo, mentre il Paradiso sarebbe da assegnare a Jacopo di Cione.
Il monastero e la cappella subirono varie vicende che comportarono cambi di nome, di proprietà e di identificazione fino al 1987, in cui il complesso fu inserito dal Comune di Firenze in un progetto di recupero con destinazione residenziale. Ne conseguì la realizzazione di diverse unità abitative, sebbene le parti di interesse storico-artistico siano sempre state sottoposte alla vigilanza da parte della Soprintendenza. Dopo una serie di interventi conservativi, venne  avviato il restauro degli affreschi  sviluppatosi dal 2005 al 2011, realizzando un bell’esempio di collaborazione tra pubblico e privato.
Nonostante alcune parti degli affreschi si siano rivelate irrecuperabili, possiamo senz’altro parlare di una pagina di grande interesse nell’ambito della cultura pittorica fiorentina di fine Trecento e di una nuova meraviglia restituita al suo splendore, che viene immediatamente voglia di visitare.
Abb
iamo verificato che il luogo non è al momento pubblicizzato in rete come meta turistica e se ne parla in prevalenza in quanto titolo di un’opera letteraria di certo Giovanni di Gherardo di Prato (Nota).  
Bisogna tener conto che qualche problema in termini di visibilità e accessibilità deriva sicuramente dal fatto che  la cappella affrescata (tutt’ora denominata di Santa Maria e Zanobi a Fabroro) è inglobata nel complesso residenziale in cui è stato riconvertito l’ex monastero della Vergine Maria e di Santa Brigida, ubicato nel quartiere di Gavinana. Questo si trova sulla sponda sinistra dell’Arno nella parte sud-orientale di Firenze e, insieme a quello del Galluzzo, forma il cosiddetto Quartiere 3.
Ben venga, in ogni caso, la pubblicazione di un testo curato da Daniele Rapino per Polistampa che ricostruisce la storia del complesso e le vicende istituzionali, affronta l’opera sotto il profilo artistico (con particolare riguardo all’iconografia e alle questioni attributive) e illustra il progetto di recupero architettonico del complesso e il restauro del ciclo pittorico.