Economia
Antologia Vieusseux, 01-05-2013, Andrea Giuntini
1. Una delle vicende che in tempi recenti hanno lacerato Firenze con maggiore virulenza è stata indubbiamente quella della progettazione e realizzazione della linea tranviaria fra il centro della città e Scandicci. Gli anni di gestazione e infine di costruzione della linea 1, il cui impatto una volta aperta è stato, a parere di chi scrive e non solo, ampiamente positivo sul sistema cittadino della mobilità, sono stati caratterizzati da divisioni e polemiche a non finire, culminate in un referendum cittadino, tenutosi il 17 febbraio 2008, in occasione del quale ai fiorentini è stato chiesto di esprimersi a proposito della prosecuzione dell’impianto di tranvie in città: il 39%degli aventi diritto al voto si è dichiarato contrario alle due nuove linee, la 2 progettata per attraversare il centro storico e la 3 diretta verso il plesso ospedaliero di Careggi. Un esito negativo, dovuto evidentemente ad un deficit di comunicazione e partecipazione, che non ha fermato il processo di realizzazione delle due linee, ancora in corso.
Giuseppe Matulli, nella veste di vicesindaco, ha seguito da vicino i complicati passaggi della questione e ha riversato la sua esperienza in un piccolo, ma utilissimo libro, in cui ripercorre una strada oltremodo tortuosa, che ha saputo battere con grande tenacia. Per molti versi la storia della tranvia fiorentina, decisa fin dalla fine degli anni Novanta, assume caratteri paradigmatici rispetto alla storia della città e, come lo stesso autore afferma fin dal titolo, si propone esemplarmente anche per altre vicende consimili, in un’epoca in cui il ricorso alle tranvia di superficie è sempre più frequente nell’intero continente per contrastare lo strapotere del traffico veicolare privato.
2. La storia del trasporto pubblico fiorentino comincia ai tempi dell’arrivo della capitale nel 1865, quando la città venne in pratica obbligata a darsi una veste moderna, innescando una serie di profonde trasformazioni, che investirono gli aspetti urbanistici, economici e demografici, e modificando radicalmente il tessuto sociale urbano. Con uno strumento tipico dell’epoca, il municipio affidava ad un’impresa privata bolognese, la Monari, la concessione dell’esercizio delle prime linee urbane gestite con gli omnibus, carrozze trainate da cavalli che raccoglievano e trasportavano i passeggeri a prezzo fisso e lungo percorsi prestabiliti. Le linee secondo una forma radiale si estendevano da piazza della Signoria verso le porte della città e permettevano una suburbanizzazione ancora limitata, che si traduceva in pratica in un allontanamento dal centro di 4-5 chilometri a velocità ridotta. Lo schema adottato dal Comune fiorentino ricalcava fondamentalmente i percorsi dominanti nelle principali città europee ed italiane: imprenditoria privata con una presenza significativa di capitali esteri, frequenti fusioni ed accorpamenti societari e conseguente oligopolizzazione, clientela prevalentemente borghese, tecnologia ancora di base con utilizzo dei cavalli. Agli omnibus successero le tranvie a vapore, i cui costi d’impianto erano evidentemente più alti, che facilitarono un’estensione notevole del raggio di azione in direzione soprattutto delle periferie e, in virtù di costi di esercizio per passeggero notevolmente minori, un abbassamento delle tariffe. Fu però l’applicazione dell’
elettricità alla trazione a favorire il definitivo salto di qualità, consentendo maggiori flessibilità e velocità, riduzione dei prezzi ed eliminazione degli inconvenienti provocati da una massiccia presenza dei cavalli nei centri urbani. Il tram elettrico fece il proprio debutto all’Esposizione industriale di Berlino nel 1879; protagonista dell’evento fu il tedesco Werner von Siemens. Proprio a Firenze si inaugurò nel 1890 la prima linea elettrica fra il capoluogo toscano e Fiesole.
3. Le innovazioni nel settore delle reti tecniche urbane rappresentano uno degli aspetti maggiormente pregnanti dei cambiamenti urbani nell’epoca della seconda rivoluzione industriale: dall’inurbamento allo sviluppo delle tematiche igieniche, passando per l’incremento demografico e per l’estensione di una rete sempre più fitta di trasporti. In questo campo competono e collaborano mano pubblica e mano privata, rispondendo ad un bisogno inedito proveniente da parte di un pubblico sempre più ampio, quella nuova società di massa, che dall’inizio del XX secolo si fa portatrice di una domanda di servizi urbani più sofisticata e diviene parte attiva delle società più avanzate.
Nel settore dei trasporti, in particolare, prende definitivamente corpo la separazione progressiva fra i luoghi della produzione e del consumo, che induce una richiesta sempre più intensa di mobilità in un’ottica di modernizzazione urbana. La mobilità urbana subisce nella prima metà del secolo sostanziali mutamenti al punto da poter parlare di una vera e propria rivoluzione dei termini della domanda e dell’offerta del trasporto nelle città sia sotto il profilo delle tecnologie di trasporto sia dei criteri gestionali. I trasporti pubblici urbani giocano un ruolo fondamentale, muovendo ovunque un numero crescente di passeggeri, soprattutto dalle periferie verso il centro reso sempre più accessibile, con tariffe tendenzialmente sempre più accettabili. Le classi medie e quelle operaie divengono gli utenti più affezionati delle tranvie. La dimensione ludica, che porta ad una rivoluzione democratica della stessa vita cittadina, diventa centrale nell’ambito della mobilità urbana fin dall’inizio del secolo
 4. Pur in assenza di significative innovazioni tecnologiche il contesto sociale e politico nel quale vengono usati i trasporti nel periodo successivo allo scoppio della guerra determina una significativa diffusione del loro uso. Il trasporto a basso costo, gradualmente conquistato durante la guerra come indiretto risultato della politica di mobilitazione, diventa negli anni Venti, quando ai tram cominciano a fare seguito i filobus elettrici, un punto acquisito nelle politiche urbane. La crisi economica all’inizio degli anni Trenta si ripercuote ovviamente anche sulla gestione dei trasporti, provocando cali dell’utenza, con tutti i problemi di adeguamento della gestione dell’impresa ai ridotti volumi di traffico. In alcuni paesi europei gli anni Trenta prefigurano quella società fordista che troverà forma compiuta nel secondo dopoguerra, caratterizzata dall’allargamento dell’area della mobilità individuale. Risalgono a questo periodo le prime misure per il controllo e la regolamentazione della circolazione all’interno della città: dai passa
ggi pedonali con le strisce ai semafori e ai sensi unici, è questa l’epoca in cui, almeno nelle grandi città europee, si cominciano a sentire i primi problemi di traffico e dunque a cercare di regolamentare la mobilità.
5. L’opzione a favore della motorizzazione, in primo luogo con l’adozione degli autobus e successivamente con la diffusione dell’automobile privata, si sposa con un imperativo di una nuova fase economica del dopoguerra imperniata sulla crescita dei consumi, l’incremento della produttività, gli alti salari, la piena occupazione, in sostanza il circolo virtuoso fordista che si afferma in tempi diversi nelle varie società occidentali fino agli anni Settanta. La mobilità di massa raggiunta negli anni Venti si avvia alla conquista di un nuovo, ambizioso, traguardo nei decenni successivi, vale a dire la conquista della mobilità individuale attraverso l’uso di massa dell’automobile. Si tratta di una transizione complessa perché investe i caratteri istituzionali del governo locale, le politiche economiche nazionali, e la diffusione di nuovi modelli socio-culturali che spostano abitudini ed ambizioni dell’abitare e del muoversi in città. A Firenze nel 1946 il servizio di trasporto urbano veniva municipalizzato, con la costituzione dell’A.T.A.F. (Azienda Tranviaria Automobilistica e Filoviaria) e veniva progressivamente trasformato da tranviario ad automobilistico; il servizio su rotaia veniva definitivamente smantellato nel 1958, mentre nel 1973 venivano mandate in pensione anche le ultime due linee filoviarie, inaugurate fra il 1937 ed il 1938. A quel punto la sconfitta del trasporto pubblico da parte della motorizzazione privata si era del tutto consumata.
6. Il prevalere della mobilità privata a spese di quella pubblica sembra oggi il principale responsabile di una situazione gravemente degradata. I miglioramenti tecnologici ottenuti nell’ambito del trasporto urbano, sia in termini di consumi meno inquinanti sia di gestione informatizzata del traffico, non sono ancora riusciti a risolvere i problemi di congestionamento urbano. I grandi agglomerati, specialmente in Europa ed in particolare quelli privi di un efficiente trasporto sotterraneo, continuano a rimanere bloccati quotidianamente da migliaia di macchine e le misure sono sempre meno efficaci. Il sistema dei trasporti non regge ad un cambiamento epocale della mobilità, che, sotto questo aspetto, travolge reti e organizzazione del servizio; chi ne fa le spese in maniera più distruttiva è sicuramente il trasporto pubblico. In un contesto di tali difficoltà la crescente complessità del funzionamento delle città spinge a ricercare nuovi metodi, procedure e tecniche per la riorganizzazione fisica e funzionale del sistema urbano. La costruzione di tranvie di superficie rappresenta, per molte città europee, fra esse Firenze, una delle sfide maggiormente innovative e al tempo stesso controverse. La costruzione della tranvia ha rappresentato per la città toscana, dove la cultura della rendita denunciata da Matulli ha storicamente ostacolato qualsiasi piano di sviluppo, anche un passo in avanti concettuale e progettuale verso quella necessaria integrazione fra modalità diverse di trasporto urbano, sulla scia di quanto avviene all’estero, in nome di un disegno complessivo della mobilità cittadina.