Il triangolo delle Gualchiere
Corrispondenza, 25-12-2013, Silvano Sassolini
Nel n. 60 di “Corrispondenza”, nel presentare un precedente lavoro dell’A. – Il sabato del villaggio. Settimane di Compiobbi –, concludevamo che lo studioso aveva raccolto una formidabile documentazione soprattutto sul territorio lambito dall’Arno nel comune di Fiesole. Una buona parte di quel materiale vede oggi la luce in questo spettacolare volume di grande formato e fitto di testo e di immagini, quasi una summa enciclopedica dello scibile su Compiobbi e dintorni (Girone, Quintole, Terenzano, Pontanico, Torri, Ellera, Le Falle, S. Martino a Vico, Ontignano, S. Clemente e Valle).
La “storia” si dipana per 50 capitoli che ci raccontano, dalla preistoria fino al secondo dopoguerra, “vita, morte e miracoli” – come all’A. è piaciuto presentare ogni singolo argomento alternando il colore delle tre parole – non solo di tanti personaggi da non dimenticare ma anche dei singoli borghi, delle parrocchie e delle fabbriche, dell’Arno e dei suoi affluenti di destra, delle gualchiere e della ferrovia, delle fattorie e della vita nei campi, del ventennio fascista e del fronte di guerra, delle tradizioni civili e religiose e delle varie società di volon
tariato... toccando tutte le dinamiche dello sviluppo del paese in materia di scolarizzazione, viabilità, urbanizzazione, salute...
Il volume diventa un incredibile concentrato di informazioni come raramente ci è stato data occasione di riscontrare trattandosi di un territorio così limitato; per di più l’A. ci accompagna nei suoi “itinerari” sia illustrandoli con un imponente e splendido corredo fotografico – davvero quasi un libro a se stante –, sia documentando le informazioni con un apparato di note a testimonianza della serietà della ricerca. Buona anche l’idea di aggiungere dopo (quasi) ogni capitolo un glossario di parole che, ancora usate normalmente fino alla metà del secolo scorso, sono oggi desuete e purtroppo incomprensibili: una riprova ulteriore della svolta epocale avvenuta nel secondo Novecento.
Ci sia permessa un’ulteriore considerazione nata via via che il testo scorreva nella lettura. Questo libro è veramente un atto di amore dell’A.per la sua terra e ne è, per così dire e si parva licet..., il monumento. Ce ne accorgiamo perché i suoi racconti sono, come si usa dire oggi, quasi metabolizzati, cio
è interiorizzati fino a divenire parte di se stesso: pezzi di quelle persone e di quelle storie sono lì, con l’A., ogni giorno, nel suo modo di parlare, di vivere le cose, di muoversi. Ne sono prova il ricorso frequente all’aneddotica, alla rivisitazione ironica e arguta, al giudizio morale, al coinvolgimento personale tanto  che in più pagine si avverte come la sovrapposizione della vicenda umana dell’A. con quella del paese (a parte l’albero genealogico della famiglia, ricordiamo, tanto per fare qualche esempio, il toccante commento alla foto 46/30 di p. 424 o anche i palpiti d’amore di suoi vecchi antenati). E così succede che il racconto di fatto non si fermi al 1945 ma praticamente arrivi ai nostri tempi con aggiornamenti del “diario” per tutte le tematiche trattate. L’A. non può né potvrebbe interrompere il diario del villaggio...
Quanto al titolo, rimandiamo alla presentazione dell’A. che, con parole brillanti, dà conto di gualchiere, triangoli e anche, con legittima soddisfazione, delle sue scoperte (fra queste il significato del toponimo Compluvium, il cippo stradale del Trecento, il “ponte dei Fiesolani”).