Filosofia fuori dai libri
Informatore, 01-09-2013, ––
Torna “La Bibbia dei poveri” di Carlo Lapucci, una carrellata di storie della tradizione orale

Racconti, aneddoti, leggende e favolette della tradizione orale, storielle che hanno formato per secoli e per millenni la sapienza popolare e che ancora oggi ci capita di ascoltare da genitori e nonni. L’esperto di folklore Carlo Lapucci le ha riunite tutte in un libro, La Bibbia dei poveri (Sarnus, pp. 368, euro 23), edito per la prima volta da Mondadori nel 1985 e a lungo introvabile, in offerta per i soci Coop nel mese di settembre. Lapucci pubblicò l’opera come prima tessera di un mosaico assai più ampio: una ricognizione completa della narrativa popolare, progetto ambizioso che nel tempo si è arricchito di altri testi (come le celebri Fiabe toscane pubblicate in due volumi sempre da Sarnus e ben conosciute dai nostri soci). Le “novellette” qui raccolte, e ricomposte in un insieme collegato e c
oerente, offrono la visione del mondo che ebbero non tanto i sapienti e i filosofi, ma gli analfabeti, gli umili, le persone comuni dotate spesso di grande intelligenza: un pensiero parallelo costante, stabile, concreto, legato al reale, che ha bilanciato nei secoli quello “alto” e ufficiale. Un po’ come quelle immagini, a volte semplici e approssimative, dipinte nelle navate delle chiese, nei chiostri dei conventi, sui muri dei loggiati dei cimiteri, attraverso le quali i fedeli analfabeti conoscevano le figure, gli eventi, i misteri delle Scritture, e che erano dette appunto Bibbia dei poveri. Leggere queste storie di santi e di animali, di eroi e di straccioni, di contadini e di sapienti, offre l’opportunità di ristabilire un equilibrio con il pensiero passato, con il mondo perduto, travolto dalla rivoluzione industriale, che per la mente non è stata cosa per nulla pacifica né indolore. «Anche nella vita in
dividuale - spiega Lapucci, autore anche del Dizionario dei proverbi italiani (2007) e de Le leggende della terra toscana (2011) - la salute mentale non sta nel cancellare il passato sommergendolo col presente, ma nel mantenere con esso un collegamento vitale: dobbiamo fare in modo che ciò che esiste oggi possa rivelarci il suo senso, mostrandoci come era originariamente e come si è trasformato». La forza che ha avuto il pensiero del passato è consistita soprattutto nell’analogia, un procedimento cioè non per concetti e definizioni, ma per immagini, modelli, esempi. Questo modo di pensare ha dato la possibilità di generare i grandi sistemi mitologici, magici, religiosi (si pensi alle parabole), ponendo le promesse per l’astrazione scientifica, e al tempo stesso ha dato concretezza alle ricerche, energia rappresentativa all’arte, fiducia nel reale. Nessuno dica che sono solo “storielle”.