Palazzo Datini a Prato
Sise Newsletter, 01-07-2013, Daniela Manetti
Palazzo Datini a Prato. Una casa fatta per durare mille anni, a cura di Jérôme Hayez e Diana Toccafondi, Firenze, Edizioni Polistampa, 2012, 2 t., pp. 685. “In realtà tutto viene raccontato da una casa. È la casa l’io narrante”. Così scriveva Fosco Maraini nel 1999 e queste parole ben si adattano a introdurre la storia di un palazzo che è, in realtà, non una semplice costruzione architettonica, ma un luogo capace di raccontare, come osservano i curatori, “il succedersi delle generazioni, la circolazione di ospiti e residenti, l’eco privata degli avvenimenti pubblici”. La casa che Francesco di Marco Datini costruì per sé e la su famiglia accolse e ancora conserva il suo archivio e quella del Ceppo (la fondazione benefica sorta dal suo lascito testamentario), oltre all’Archivio di Stato, costituito nel 1957. Il grande archivio del mercante e tutta la memoria storica della città – che, non dimentichiamo, affascinò Fernand Braudel al punto da indurlo a lavorare a lungo nella città toscana e da scriverne con alcuni collaboratori la storia – sono riuniti
dentro il medesimo luogo. Se la documentazione del periodo datiniano è prevalentemente di tipo economico, non mancano le carte capaci di gettare luce sulla personalità e la vita di Francesco e le testimonianza di un’intera epoca, di una mentalità e di un’area geografica di dimensioni europee. Il percorso all’interno del palazzo consente di seguire l’itinerario di coloro che vi hanno vissuto (le stanze destinate all’abitazione, i magazzini, gli spazi di servizio e quelli di rappresentanza), la trasformazione della casa da dimora privata a luogo di esercizio dell’attività assistenziale della Casa Pia dei Ceppi – nel periodo mediceo, quando vennero unificati i “ceppi” quest’ultima ebbe nuove funzioni gestionali e razionalizzatrici, mentre sotto i Lorena proprio ad essi vennero affidate funzioni riparatrici della manomorta ecclesiastica e non solo  – infine, archivio della città e museo, dove oggi si ‘amministra’ un altro patrimonio, quello della memoria e della cultura. Il ricco e  ospitale Francesco Datini ebbe non poche visite illustri, come quelle di Francesco Go
nzaga, Leonardo Dandolo, ambasciatore della repubblica veneziana, del re Luigi II d’Angiò, ai quali metteva a sua disposizione l’intero piano sulla strada. Se già allora il palazzo costituiva un segno forte dell’identità cittadina, oggi rappresenta “la storia della città che si è aperta ai poveri, il dono che un mercante volle per la sua gente”. Il volume colma pertanto una lacuna: il “monumento/documento” palazzo Datini non aveva avuto finora una storia che lo raccontasse nella sua interezza, riannodando i fili di una vicenda che si snoda attraverso sei secoli e conta un patrimonio archivistico di assoluto rilievo per ricerche nel mondo medievale dell’area mediterranea. Va detto, inoltre, che il secondo tomo è interamente dedicato alla trascrizione di documenti, in gran parte inediti che ripercorrono la costruzione e la decorazione del palazzo e danno voce a pittori, artigiani, muratori, serve e che l’intera opera si avvale di un cospicuo supporto fotografico, in grado di restituirci non solo la bellezza dell’edificio, ma anche il fascino dei molti documenti riprodotti in originale.