Se Giuseppe Giusti fa gli «Scherzi», noi ci leggiamo un bel libro
La Nazione, 05-02-2013, Marco Marchi
È un ponderoso ed elegante volume intitolato Giuseppe Giusti e raccoglie, a cura di Elisabetta Benucci ed Enrico Ghidetti, gli atti dei tre convegni tenutisi tra il 2009 e il 2010 a Monsummano Terme, Firenze e Pistoia in occasione del bicentenario della nascita del poeta (RM Print). Accademico della Crusca e patriota, Giusti allestì una raccolta di Proverbi toscani, scrisse la Cronaca dei fatti di Toscana (ristampata di recente da Polistampa) e ha al suo attivo un ragguardevole epistolario. La sua fama resta tuttavia legata a quelle poesie satiriche che lui stesso definiva Scherzi: morda
ci componimenti in versi presto popolari, attenti alle dinamiche psicologiche umane, politiche e di costume, tra cui ancor oggi noti Sant’Ambrogio, Lo Stivale e Il Re Travicello. Nato a Monsummano nel 1809 da una famiglia di possidenti terrieri da poco innalzati al rango nobiliare,  dopo avere studiato in varie città toscane Giusti si laureò in Giurisprudenza all’Università di Pisa, conducendo nel frattempo una vita gaudente e sregolata che gli procurò non pochi dissidi con il padre. Si trasferì poi a Firenze dove esercitò la professione, entr
ando in contatto con Gino Capponi, esponente di spicco del liberalismo toscano, già fondatore con Giovan Pietro Vieusseux dell’«Antologia». Qui inaugurò in seguito anche una breve stagione di impegno politico diretto, partecipando in veste di deputato ai moti del ’48. A Firenze il poeta rimarrà tutta la vita. Tra i suoi rari viaggi e soggiorni fuori Toscana, quello del 1845 a Milano, dove il grande Alessandro Manzoni volle il consacrato «toscano Aristofane» – in privato chiamato affettuosamente «Geppino» – suo ospite.