Lo sguardo del tempo nei ricordi di famiglia
La Repubblica , 27-01-2013, Gerardo Adinolfi
L’occhio del tempo conserva tutti i ricordi, li osserva, ma senza giudicare. Una fotografia ingiallita, un disegno lasciatoa metà, una lettera ritrovata in un cassetto dopo anni e anni. Ricordi più o meno nitidi, che l’occhio del tempo custodisce preziosamente, permettendo di conoscere, e capire, la vera traccia della storia, e della vita di donne e uomini. «L’occhio del tempo» (edito da Sarnus) è un romanzo di Maria Adelaide Papini, autrice di numerosi scritti e racconti molti dei quali inediti. È un affresco in cui sono dipinti personaggi e sentimenti, rivalse sociali e mutamenti. Centocinquant’anni di fortune e sfortune di una famiglia fiorentina, la storia di più generazioni raccontata con l’accuratezza di chi ha vissuto ciò di cui scrive e la semplicità di chi è capace di osservare anche dall’ esterno ciò che prova. Maria Adelaide Papini fa tutto questo, consegnandoci un racconto che ci spinge a riflettere e ad immedesimarci nei vari protagonisti. Adriano, Gino, Luigi, Isa, Cati: personaggi diversi, vivi, veri. Ognuno con le sue pec
uliarità e il suo modo di vivere la vita, giusto o sbagliato che sia. Ma il libro di Papini non è solo narrativa, e non è neanche solo un’opera biografica,e autobiografica. È qualcosa in più. Mentre seguiamo il passare del tempo attraverso pensieri e vicende vissute dalla famiglia dell’ autrice, che utilizza per scrivere l’opera alcune memorie del padre e, per gli anni più recenti, i suoi stessi ricordi, ci imbattiamo anche nella società italiana, e fiorentina. Dalla Firenze di fine ottocento in cui viveva Adriano, capitale d’Italia e alle prese con l’ideologia garibaldina alla Firenze fascista, con la famiglia Papini che parte per l’Eritrea in cerca di fortuna. Poi il ritorno, la seconda guerra mondiale, la Firenze in trappola tra tedeschi e americani e il dopoguerra, la ricostruzione, e il progresso. In mezzo secolo di storia la famiglia Papini cresce, si allarga, matura e noi con lei. Firenze sta stretta ai suoi, fin da Adriano, che si unisce ai garibaldini spinto dal sentimento patriottico, e poi Luigi, padre dell’autrice, che prima scappa a Bologna dov
e studia all’Università e poi in riva all’Adige, durante la Grande Guerra. Ma Firenze è anche il punto di ritorno: Luigi ritorna, si laurea, si sposa e in pochi anni trova lavoro come ingegnere prima di ripartire per l’ Eritrea con la sua famiglia, Isa, Umberto, Cati e Matteo. Un viaggio lungo due continenti, in cui giovani figli di Luigi imparano che il colore della pelle non ha differenza. «L’occhio del tempo» è anche un romanzo sociale in cui il tema della donna viaggia lungo 150 anni di storia. Le donne del romanzo crescono e prendono coscienza fino ad arrivare a Cati, chiamata, da piccola, a rispondere agli errori dei fratelli e cresciuta con la convinzione che le donne non potessero capire certe cose. Ma Cati lo sa che qualcosa sarebbe cambiato ed educa le sue figlie, siamo negli anni ’70, ad essere indipendenti e curiose, a “vivere” e non a “campare”. «“Tu sei più intelligente di me”, aveva mormorato il marito Claudio pochi giorni prima di morire. Parole senza risposta, ma che hanno permesso a Cati di sentirsi davvero libera.