Nelle Madonne del Parto il segreto dei Templari
La Nazione, 16-04-2006, Michele Brancale
Il 18 marzo 1314, Jacques de Molay viene arso vivo su una delle isolette che affiorano sulla Senna. Finisce così l’ultimo Gran Maestro templare e con lui l’ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone, nato intorno al 1118, nella Gerusalemme conquistata dai crociati. Si chiamavano templari perché il re di Gerusalemme Baldovino II li aveva autorizzati a vivere in una parte dell’antico Tempio di Salomone. Ordine monastico-cavalleresco, ispirato alla spiritualità di Bernardo di Chiaravalle, conosce diffusione e sostegno consistente dalle nazioni cristiane, potendo disporre in breve tempo di proprietà e fondi che – riassumendo un pò grossolanamente la storia – faranno gola al re di Francia Filippo il Bello il quale, il 13 ottobre 1307, fa arrestare tutti i Templari del Regno. L’esempio viene seguito anche in altri Paesi: i templari vengono ingiuriati con accuse infondate, torturati fino a confessare colpe non commesse. L’ordine viene soppresso nel 1312.
E dopo? Di ricostruzioni fanta
siose ne sono state fatte tante, soprattutto attraverso l’arte del mezzo falso e del mezzo vero: le polemiche seguite al Codice Da Vinci di Dan Brown ci hanno messo il carico da 90. Certo è che l’ideale templare non si spense e fu larga la consapevolezza, anche a Firenze, che la fine dell’ordine fu dettata da ragioni non proprio nobili. Renzo Manetti, autore di diversi studi sulla storia di Firenze e sul simbolismo, ha scritto un denso volumetto con tesi suggestive e che fonda su documenti e soprattutto sulle immagini, in particolare ‘Le Madonne del Parto’, che considera icone templari.
La prima opera presa in esame è la Madonna del Parto di Bellosguardo, a Firenze, affrescata da Taddeo Gaddi presumibilmente tra il 1334 e il 1348, dipinta sulla parete di un antico edificio religioso – dove sorge ora la chiesetta di San Francesco di Paola – fatto costruire da una confraternita templare segreta, ma volto ufficiale dell’ordine monastico dei Girolamini. “Come nel seno delle Madonne del Parto si occul
ta il Verbo –spiega Manetti – in attesa del tempo per manifestarsi, così gli eredi dei templari celavano il proprio segreto, aspettando una nuova stagione di tolleranza”. La ricostruzione della presenza templare a Firenze dovrebbe essere oggetto di studi specialistici e rigorosi. Secondo alcuni studiosi, i templari incisero a tal punto sulla cultura dell’epoca da influenzare i poeti del Dolce Stil Novo, in particolare Dante e Francesco da Barberino, quindi Boccaccio (che sarebbe appartenuto alla confraternita dei Girolamini) e personalità dell’arte e della cultura legate all’ideale templare mediante una confraternita segreta, quella dei ‘Fedeli d’Amore’, propagatasi fino al tempo dei Medici. “Se non tutti i poeti stilnovisti furono Fedeli d’Amore, una parte di loro certamente lo fu – sostiene Manetti – e questa confraternita, che si ammantava di segretezza, presenta caratteri molto simili a quelle laiche dei templari, tanto da far pensare che l’una e l’altra fossero la stessa cosa”.