Il mio Venezuela tra violenza e opportunità
Famiglia Cristiana, 20-01-2013, Giulia Cerqueti
Caracas, la città più violenta del mondo. Ogni fine settimana qui si registrano dai cinquanta agli ottanta casi di morti ammazzati in scontri violenti.  Vivere in Venezuela è sempre più duro, anche per i tantissimi italiani che hanno scelto questa terra, ricca di risorse, per costruire un’impresa. È il caso di Gianni Cappellin, 55enne milanese, espatriato nel Paese sudamericano nel 1980, dove ha fondato un gruppo di aziende nel settore vini e liquori. Nel luglio 2011, durante una vacanza sull’isola della Tortuga, lui e sua figlia sono stati aggrediti e sequestrati, riuscendo a salvarsi per miracolo. Da quella terribile espe
rienza ha tratto la forza per scrivere un libro, L’uomo di sale. Il mio Venezuela rosso sangue e smeraldo (Mauro Pagliai Editore). "La criminalità non ha più freni", osserva Cappellin, "colpisce tutte le classi senza distinzione: ci si ammazza per un cellulare, o per un paio di scarpe". Come ci si protegge a Caracas? 
"Tutte le case hanno vigilantes, inferriate alle finestre, muri elettrificati, recinzioni di filo spinato, anche quelle del ceto medio. Si vive come prigionieri, carcerati in casa". Lei come si spiegherebbe questa crescita vertiginosa della criminalità?
Il Venezuela è un paese dove il Governo è ricco ma
i cittadini sono poveri. Tutta la ricchezza entra direttamente nelle casse dello Stato. Il Venezuela ormai è una "democratura", un incrocio tra democrazia e dittatura. Il grande errore di Chávez è stato pensare che chi non è con lui è contro di lui, secondo la mentalità militare, invece di governare per tutti. Cosa ama del Venezuela?
"Aveva una popolazione meravigliosa, multietnica e multirazziale, con una enorme mobilità sociale e grandi opportunità di crescita. Oggi si è creato un odio di classe. Ma non appena ci sarà un cambiamento di rotta sono convinto che il Paese verrà ricostruito".