Guarda che luna
Corriere fiorentino, 17-10-2012, Ivana Zuliani
Mobili, pannelli per altari, quadri, tavoli: ecco l’arte della scagliola
Allo spazio mostre dell’Ente Cassa la collezione di Bianco Bianchi La chiamano «pietra di luna», per i suoi riflessi luminosi. È considerata un materiale povero, ma nelle mani di abili artigiani diventa preziosa e regala intarsi che non hanno nulla da invidiare ai capolavori in pietre dure. Oggi la scagliola è una di quelle eccellenze dell’artigianato che rendono famosa Firenze nel mondo. A riportare in Toscana questa tradizione, amata dai Medici e dai Lorena, è stato cinquant’anni fa Bianco Bianchi, un artista che gli oggetti in scagliola li faceva ma li collezionava anche. Parte della sua collezione, la più importante al mondo con i suoi 130 pezzi dal XVII al XIX secolo, è visibile nella mostra Alchimie di colori. L’arte della scagliola, promossa dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e dall’Osservatorio dei Mestieri d’Arte e allestita dal 18 ottobre al 6 gennaio allo Spazio mostre dell’Ente in via Bufalini: trenta esemplari antichi e moderni, tra tavoli, cornici, mobili, paliotti d’altare, inginocchiatoi, e quadri con scorci di paesaggio. E la possi
bilità, su prenotazione, di visite guidate per imparare l’arte della lavorazione della scagliola (info: 055 5384964). Nell’esposizione, nell’ambito di Florens 2012, anche due opere di Bianchi: per ammirare le altre bisognerebbe andare a casa di Carlo d’Inghilterra, della famiglia Agnelli, dei Versace, dei Duchi di Kent, del sultano del Brunei o di De Balkany, che le hanno scelte per le proprie abitazioni. Bianco Bianchi lavorava come impiegato al ministero della Difesa ma la sua passione era la pittura. S’innamorò dell’arte della scagliola e volle riportarla in vita. «Iniziò a fare esperimenti sul tavolo della cucina» ricorda il figlio Alessandro. Di lui si accorse il figlio di Prezzolini che fece conoscere la sua maestria negli Stati Uniti e in tutta Italia. Licenziatosi Bianco si dedicò esclusivamente alla scagliola, realizzando capolavori nella bottega di Pontassieve. Dalla sua morte, nel 2006, la tradizione è portata avanti dai figli Alessandro ed Elisabetta, nel laboratorio di Pontassieve e nello show room di via Maggio a Firenze. «È un’arte difficile, ci vuole tanta pazienza» confessa Elisabetta. La pietra di luna si ottien
e da un minerale, la selenite (che allo stato puro si presenta sotto forma di scaglie). Dopo essere stato cotto e macinato in povere, viene mescolato con terre colorate, colle animali e pigmenti naturali. Il disegno originale viene riportato su una lastra di marmo o di scagliola, viene tracciato o intagliato con uno scalpello e gli intagli riempiti con l’impasto.
«Il procedimento viene ripetuto più volte prima di ottenere le giuste tonalità», spiega Elisabetta. Quando gli impasti sono induriti il disegno viene spianato con acqua e pietra pomice di nuovo graffito con il bulino, eventualmente ritoccato col pennello e lucidato con cera e lacca. «La famiglia Bianchi – osserva Giampiero Maracchi, presidente dell’OmA – ha saputo tramandare l’arte della lavorazione della scagliola e trasferire questo sapere nel mondo divenendo la più importante bottega specializzata a Firenze in questa antica lavorazione». Opere di Bianco Bianchi (la collezione intera è visibile solo ad addetti ai lavori, ma in futuro potrebbe avere una collocazione aperta al pubblico) sono esposte anche all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e da oggi nel Municipio di Pontassieve.