Le monde diplomatique / Il Manifesto, 01-12-2011, Geraldina Colotti
In un angolo dell’Uruguay, due solitari, caparbi e altruisti, guidano la rivolta di un gruppo di tubercolosi. Il primo – Menéndez – è un rivoluzionario, esule della Guerra di Spagna, l’altro – il Negro dallo Sguardo – è in fuga dalla vita. Sullo sfondo, la città che si sviluppa, erige monumenti e simboli a una modernità per pochi che non ripaga la fatica…
Il quartiere era una festa, di Mauricio Rosencof (a cura di Martha L. Canfield e David Iori, traduzione di David Iori) è un
romanzo simbolico e corale, che mette in scena dignità e tragedia, sofferenza e riscatto in un “barrio” in costruzione negli anni ’40. La storia fluisce come un racconto orale, disegna l’epopea degli ultimi che prende forma e coscienza, e trasfigura il gesto nell’interesse comune. Una battaglia singolare, ispirata a un episodio realmente accaduto qualche tempo prima. Così ha spiegato al manifesto Mauricio Rosencof, in Italia per un giro di conferenze: «Dopo l’inaugurazione dello stadio Centenario, avvenuta ne
l 1930, i tubercolosi del sanatorio, che protestavano per la carenza del vitto e per avere un medicinale considerato portentoso, marciarono fino allo stadio e si accamparono sulla tribuna ufficiale, decisi a impedire l’inizio del campionato sudamericano. Il ministro dell’interno mandò la polizia. I tubercolosi eressero barricate con le cassette di verdura, e obbligarono i militari a retrocedere… a suon di sputi. Fu una guerra batteriologica», chiosa Rosencof, istrionico e dissacrante nella realtà come in letteratura.