Poeta e matto
Liberal, 17-12-2011, Pier Mario Fasanotti
Non potevano che irritarsi gli estimatori di Dino Campana, che per anni fu costretto in manicomio con la diagnosi di «psicopatico grave». Umberto Saba disse di lui: «Era matto e solo matto, è stato scambiato da molti per un vero poeta». Come si evince da Lettere di un povero diavolo (Polistampa, 30,00 euro) Campana scriveva lettere sprezzanti. Detestava Palazzeschi, per esempio. In una mis
siva alla rivista Lacerba invitò Giovanni Papini a licenziare l’intera redazione: «Il vostro giornale è monotono, molto monotono: l’immancabile Palazzeschi, il fatale Soffici». Secondo Campana occorreva chiedere scritti a quel genio che era Marinetti. E rincarò la dose: «La vostra speranza sia: fondare l’alta coltura italiana. Fondarla sul violento groviglio delle
forze delle città elettriche, sul groviglio delle selvagge anime del popolo, del vero popolo, non di una massa di lecchini, finocchi, camerieri, cantastorie, saltimbanchi, giornalisti e filosofi come siete a Firenze». Insomma una buona parola per tutti da parte di un uomo sulla cui vita molti si sono interrogati, da psichiatri a scrittori (per esempio Sebastiano Vassalli in La notte della cometa, Einaudi).