Un ex poliziotto e gli anni di piombo
Il Reporter, 01-01-2012, Ciro Becchimanzi
Silvestro Picchi entrò in polizia nel 1971 e tre anni dopo venne destinato al nucleo antiterrorismo  della questura di Firenze. La notte della Repubblica – come la chiamò Sergio Zavoli – era parecchio scura anche a Firenze. Ora Picchi a deciso di fare un po’ di luce sui ricordi di quegli anni di terrorismo e di affidare all’editrice Sarnus l’autobiografia “Quasi per caso. La mia vita in polizia e gli anni di Piombo” (pp. 80, euro 10). “In queste pagine non vi è spazio per la fantasia – scrive Piero Luigi Vigna nella prefazione – ciò che si narra è una realtà vissuta. Nei cosiddetti anni di piombo il nostro paese fu attraversato dai fili rossi e neri del terrorismo che, intrecciand
osi tra loro, lo strinsero nei nodi di una rete che per poco non arrivò a soffocare la democrazia”. Un libro di grande interesse, con episodi importanti raccontati da un uomo in trincea. Tra cui uno dei più gravi che si verificarono in Toscana, in cui per puro caso l’ispettore non perse la vita. Si parla dei resoconti della strage di Empoli del 24 gennaio 1975, in cui il terrorista nero Mario Tuti assassinò il brigadiere Leonardo Falco e l’appuntato Giovanni Ceravolo e ferì Arturo Rocca, anche lui appuntato. Ma anche del conflitto a fuoco di Querceta del 22 ottobre 1975, dove persero la vita altri tre agenti di polizia, e infine dell’omicidio di Fausto Dionisi, avvenuto a Firenze il 20 gennaio 1978 a opera di Prima linea. Sull’e
pisodio di Tuti, il libro di Picchi riporta la testimonianza inedita della figlia del brigadiere Falco, Anna, che ci consegna diversi interrogativi. Dubbi che vengono rafforzati dallo stesso Picchi, la cui squadra aveva preparato quel blitz ma all’ultimo momento fu inviata altrove. L’autore ricostruisce la memoria di quegli anni con lucidità e rigore, attento al contesto politico e sociale dell’epoca. Oggi i carnefici tornano alla ribalta sui media ma i veri eroi, sostiene Picchi, “furono coloro che caddero adempiendo il loro dovere, coloro che cercarono di fermare quella serie di omicidi”. “Le pagine scritte da Picchi ravvivano la nostra memoria – scrive ancora Vigna – vorrei che anche i giovani le avessero nelle loro mani”.