C’era una volta la fiaba toscana
La Nazione, 26-04-2011, Marco Marchi
La ricerca di Carlo Lapucci

Sembrano fatte apposta per essere raccontate ai bambini e niente più, ma le cose, con le fiabe, non stanno proprio così. Si rivolgono a tutti: adulti troppo cristallizzati e consapevoli, bisognosi di rintracciare in se stessi il pascoliano «fanciullino», uomini moderni desiderosi di stupirsi, di gioire e commuoversi. L’innocenza e l’ incanto si riaffermano così, al di là di ogni epoca dell’esistenza e della storia. Meravigliose fiabe, e Fiabe toscane come quelle edite da Sarnus, che con grande passione Carlo Lapucci – erede moderno di un Nerucci ancora in cerca di novelle e cincelle – ha raccolto nel corso di una vit
a, coinvolgendo fin dalle origini del suo attento lavoro di ascolto, trascrizione e raccolta di testi le proprie origini familiari più care: la nonna Angiolina, il padre Enrico.
Novelle toscane, di quella inconfondibile Toscana, patria mitica e ottocentesca del burattino Pinocchio, che anche in questa specifica tradizione rivendica caratteri distintivi precipui. Novelle distanti dagli esiti orrorifici pesanti dei fratelli Grimm, come lo è il paesaggio toscano rispetto agli algidi scenari del Nord; novelle, al contrario, costantemente condite di correttivi a base di ironia e buon senso, anche nel presentare la creatura più terribile o l’ evento più pauroso. Con una Toscana che torna di
nuovo a trionfare e connotare quale patria di Dante e di Boccaccio: luogo privilegiato di una tradizione alta magnificamente in rapporto con il fantastico e il comico di altri settori del narrare. Sfilano così, magici e bizzarri ma quotidiani e attaccati al territorio, i personaggi: da Dodicino a Gianni Stento, da Panicuzzo alla Cavallina fatata, dai Sette fratelli d’ ingegno ai Due gobbi, passando per quel Re Porco che fece piangere – secondo la testimonianza di Davanti San Guido – il Carducci bambino, intrattenuto anche lui da una voce che narra tra re e principesse, orchi e fate buone, animali straordinari e povera gente, tutti nell’ universo immenso del «c’era una volta».