Notturno ed altre poesie
Semicerchio, 01-07-2010, Lorenzo Amato
Dell’opera di Edith Sodergran (1892-1923), poetessa finnosvedese la cui breve esistenza fu troncata dalla tubercolosi, era già stata tradotta una selezione in alcune antologie, ovvero Giardino dolente (a cura di T. Haapiainen, 1996) e La luna e altre poesie (a cura di D. Marcheschi, 1977), oltre che in alcune riviste, come nel n.105 (aprile 1997) di Poesia (E.S.  - Contro i fragili sogni, a c.M. Ciaravolo – P. Pollesello). Bruno Argenziano, già docente di lingua e letteratura italiana presso l’Università di Stoccolma, presenta questa nuova antologia come un aggiornamento critico della ricerca sulla lingua e le immagini della  Sodergran, con una selezione di quasi cento liriche dalle raccolte della maturità (da Dikter, “Poesie”, 1916; alla postuma Landet som  icke ar, “La terra che non c’è, 1925). Nell’introduzione è tracciato un profilo dell’esperienza poetica della Sodergran, anche in relazione alla critica che, se da subito ne fece il simbolo del modernismo di lingua svedese in Finlandi
a, ha più volte riconsiderato il rapporto della poetessa con le correnti culturali contemporanee.
Meritano di essere sottolineate l’implicito femminismo di alcune poesie, venate di forte simbolismo,  anche biologico (cfr. Vierge moderne, pp. 58-59), e una fascinazione per l’io di ascendenza nietzscheiana (sono numerosi i componimenti dedicati all’io e al mito; ma cfr. Vid Nietzsches grav, “Presso la tomba di Nietzsche’, pp. 136-137, dove il filosofo diviene «straordinario padre». E al tempo stesso l’attenzione agli elementi naturali(cfr.l’uso autobiografico e simbolista in Nordisk var, ”Primavera nordica”, pp.76-77; e Min barndoms trad, “Gli alberi della mia infanzia”, pp. 220-221), e lo smarrimento di fronte alla morte e alla misteriosa volontà di vita che la spinge a superare molte crisi (come la morte del padre, nel 1907, o l0avanzamento della malattia).
L’attività poetica della maturità ha alle spalle un’elaborazione interiore che, attraverso la prospettiva stor
ica “laterale”, donatale dalla sua peculiarità linguistica di finlandese di lingua svedese, ma nata e cresciuta fra Russia e Carelia (cfr. Jag, “Io”: «Sono straniera in questa terra...», pp. 54-55), e il senso di fragilità impostole dalla malattia, porta la Sodergran alla scelta radicale e pregnante della lingua materna  come via personale, sublime e irripetibile all’espressione poetica. E si dovrà considerare che lo svedese Sodergran non è lo svedese di Svezia, bensì consapevolmente quello peculiare della minoranza dei finnosvedesi, peraltro rielaborato da lei che in Finlandia non viveva. Lingua dell’anima, quindi,costruita col supporto di testi critici, e dialogo aperto con un pubblico ipotetico e mai presente. Argenziano cerca così, con le sue traduzioni, di fornire una biografia poetica della Sodergran, al tempo stesso restituendo le caratteristiche di densità espressiva, simbolismo, forza morale e ideologica di una poetessa che ha contribuito a forgiare ilnovecento lirico del nord Europa.