Nell’anima de “Il Giardino delle esperidi” di Dianora Tinti
Caffè Goya, 10-03-2011, ––
Costante evocazione di stati d’animo specchio dei paesaggi descritti, questo romanzo è denso di affascinanti contraddizioni in lotta nelle vicende che travolgono la vita della protagonista: Egle, una giornalista di prestigiose origini siciliane che si trova a fare i conti con il misterioso ritrovamento, tra le carte di un nonno molto amato, di una lettera e una ciocca di capelli.
Alla ricerca della verità mossa da un’iniziale spontanea curiosità si sostituisce un percorso di inaspettata bellezza, psicologico e umano. Si, perché Egle è costretta a tornare sui suoi passi, sulle vicende familiari a tratti sconosciute, per scoprire, proprio durante i viaggi che la portano a fare la spola tra Roma e splendidi luoghi della Sicilia, nel Giardino delle Esperidi, proprietà di famiglia, un luogo del passato e del futuro. In realtà una parte di sé di cui deve prendere ancora pienamen
te coscienza.
Impegnata nella ristrutturazione della bellissima villa di famiglia, ma senza il concreto appoggio di un marito che non la conosce abbastanza, incontra Ruggero, un biologo marino che si trova sull’isola di Marettimo per eseguire degli studi.
Sullo sfondo un magnifico Mediterraneo che, come dice Ruggero stesso, “non è soltanto un luogo geografico, è un’identità, un modo di essere”. Ciò che circonda tutta la storia è proprio questo mare, ma non solo in senso fisico. Questa meravigliosa isola, così austera e misteriosa,  e così ricca di spunti per capire il passato, si trova al centro esatto del Mediterraneo, come pochi sanno, e riesce pienamente a calamitare l’attenzione su di sé con una forza davvero inspiegabile. Come pochi luoghi appartenenti ad altre dimensioni dove sarebbe giusto un elogio della calma e dell’armonia interi
ore, la natura di questi posti ha una grande forza di guarigione, e permette ai protagonisti, dopo tortuose peregrinazioni, di trovare la loro strada, vicendevolmente, ma senza condizionamenti,  per raggiungere traguardi imprevisti.
“L’inizio della trasformazione della nostra esistenza è straordinariamente semplice” afferma la scienziata Marylin Ferguson. “Non dobbiamo far altro che prestare attenzione al flusso dell’attenzione. Immediatamente acquisteremo una nuova prospettiva”. E proprio quando la protagonista prende atto del suo reale stato esistenziale, inizia, ineluttabile, il processo che porterà alla trasformazione definitiva di sé, liberandosi dai meccanismi in cui troppo spesso ci si trova invischiati nella vita per guadagnare il traguardo più ambito: la conquista di se stessi.
Dove si salva solo chi sa capire che la coscienza è fatta di conoscenza.