‘Martina va alla guerra’: e scopre se stessa
La Nazione, 12-01-2011, Titti Giuliani Foti
«Nessuna donna che riesca ad arrivare a un lavoro di vertice sarà mai considerata alla pari. Dovrà dimostrare in ogni momento di essere più brava di un uomo per ottenere fiducia e considerazione. Essere tenace, combattiva e  non aggressiva, amare molto il suo lavoro e non lasciarsi scoraggiare dalle discriminazioni che accompagnano le sue giornate». Antonella Manzione è vicecomandante vicario dei Vigili Urbani di Firenze. Studi umanistici, laureata in Giurisprudenza a Pisa con 110 e lode. Lei per prima non avrebbe mai pensato di ricoprire un simile ruolo. E’ convinta: «Sono gli eventi della vita che scelgono per te». Il suo ultimo romanzo «Martina va alla guerra» - Editore Pagliai, 15 euro – sarà presentato ufficialmente a giorni, forse a Fiesole. Un romanzo e non un saggio di diritto, di materie attinenti al suo lavoro come ambiente, polizia giudiziaria e amministrativa. Ne ha scritte di cose. Dunque Antonella Manzione si misura con un r
omanzo al femminile. Ha preso le donne e le ha analizzate in un bel libro. «Martina va alla guerra» racconta della categoria-donne, considerata ammortizzatore sociale, tappabuchi. O figlia matura che si sostituisce a case di riposo mancanti. Domanda: ma lo sanno gli uomini quante ore di lavoro qualsiasi essere umano di sesso femminile macina in più di loro?
Dice Antonella Manzione: «Il mio sogno era arrivare al romanzo, ai sentimenti. Ho avuto paura, perché ho dovuto avere il coraggio di vincere il pudore». Spiega: «Sono convinta che ogni scrittore ci metta un po’ di suo in quel che racconta. Che prenda spunto da situazioni reali e sappia vedere la vita col cuore negli occhi. Ho fatto i conti anche col mio lavoro, che mi impone una maschera tanto pirandelliana quanto attualissima». Quanto si parla oggi di mobbing, Antonella. «Tantissimo perché le donne sanno quanto sia difficile coniugare il nostro mondo al maschile. Ho voluto ricercare la causa di un casti
go di cui siamo vittime, associarlo alla voglia di riscatto. La morale del libro è questa: la vita è altro». Nel libro c’è una velata critica anche al sistema giustizia: «Accade quando Martina, la mia protagonista, arriva al vertice del suo lavoro. Qui si intersecano altre tematiche. Credo di aver dato una visione diversa anche a chi si ritiene vittima di certi reati. Poi c’è la depressione in cui si rischia di cadere abusando di psicofarmaci. E’ lo scotto che paga chi cerca di resistere e non darsi per vinta». Antonella Manzione accusa implicitamente madri di ragazze sempre più spregiudicate, che puntano sui corpi delle loro figlie per avere una chance, per entrare in quel cerchio di luce, effimero, considerato l’unica carriera possibile. 
«Comunque sempre no – dice la scrittrice – all’imperativo che pare categorico: farsi avanti, mostrarsi,sgomitare. È di una tristezza inaudita. E non serve a niente».