Viaggio alla ricerca di radici e tradizione della pastorizia
Il Giornale di Brescia, 11-09-2010, Giovanni Vigo
Il nostro mondo, la nostra civiltà, la nostra vita materiale ha radici molto lontane e variegate. Un quarto di secolo fa Michael Ryder aveva scritto, destando non poco stupore, che «la storia dell’uomo è la storia della pecora». Non dei grandi mammiferi o del nobile cavallo, ma di un animale tanto umile quanto misconosciuto.
Barbro Santillo Frizell si è ricordata di quella frase in un giorno di fine inverno dei primi anni ‘90 mentre percorreva un’antica via della transumanza dell’Itali
a meridionale che per millenni era stata testimone del passaggio delle greggi in cammino tra i pascoli estivi e quelli invernali. Voleva saperne di più sulla pecora, sulla sua presenza nella letteratura, nell’arte, nella mitologia, e soprattutto nella vita materiale della società agraria. Dalla pecora viva, scrive la studiosa svedese, «si ricavavano sangue, latte, lana e letame, che a loro volta davano alimenti, vestiario, concime e combustibile. Dalla pecora macellata si ottenevano carne, grasso, ossa, pelli, corna e te
ndini. Dal grasso si ricavavano candele di sego; con tendini e intestini si fabbricavano corde per strumenti e archi; con le pelli si producevano vestiario, coperte, galleggianti, zampogne, otri e libri. In cambio di tutto ciò l’animale non chiedeva che erba fresca». Leggendo il libro scritto in una prosa brillante e illustrato da bellissime fotografie, sotto i nostri occhi scorre il mondo pastorale che la civiltà odierna ha cambiato ma non distrutto. E non è detto, spera l’autrice, che non possa rivivere.