Il sogno di Penna per il mondo celeste
L’Avvenire, 28-07-2010, Michele Brancale
Non c’è una consapevole scelta cristiana nel messaggio poetico di un autore controverso come Sandro Penna (1906 1977), tuttavia esiste più di un motivo per parlare di alcuni tratti di fede nella vita del poeta perugino, che si possono riscontrare nei testi dell’ultima raccolta di poesie edite in vita Stranezze (Garzanti, 1976) e in successive edizioni. Mentre approfondisce tutte le parti di un codice straordinario sulla Firenze della metà del ’400 (il «Codice Rustici»), Elena Gurrieri, responsabile della Biblioteca del seminario arcivescovile di Firenze, dedica con costanza la sua attenzione critica alla letteratura del Novecento, lasciando emergere non pochi inediti di autori che conosce a menadito.
Proprio in questi giorni sono usciti per Mauro Pagliai Editore dieci studi critici su Sandro Penna posti sotto il titolo di Quel che resta
del sogno. Gurrieri affronta anche gli aspetti in ombra di Penna, senza reticenze. Forse si potrebbe dire che più di «quel che resta del sogno », quel che rimane in Penna è proprio il sogno, in modo talvolta disperato, da cui emerge la possibilità di un senso di sollievo che guarda ‘oltre’. «Vi è in Penna – osserva Gurrieri – il rapportarsi e l’aspirazione al mondo celeste, dell’aldilà», come nei versi di «O cielo delicato / prima dell’alba ascoltami. / Forse io non sono nato / per vivere qua giù. // Ma cielo delicato / (mi ascolti?)». Penna inoltre privilegia come campo d’interesse il mondo degli umiliati e offesi, degli ultimi e dei più poveri, gli operai, gli emarginati e gli sconfitti: «Voi già sognate il caffellatte. Io la mia tazza / l’h
o già bevuta. Ora mi aspetta / la fredda stanza / con le lenzuola / ancora calde / dell’operaio, che per le scale / m’incontrerà / con quello sguardo / di chi non sa / ma molto sa». Tuttavia si preferisce citare più spesso Penna per motteggiare. «Sì, è vero – replica Gurrieri – e anche lui ci scherzava dicendo di sé “rima facile, vita difficile” », insidiata da un’insoddisfazione di fondo. I saggi di Gurrieri puntano a dimostrare come Penna rifiutasse in modo rigido l’azione del tempo, a favore di un rapporto disinteressato con la letteratura e il prevalere delle ragioni affettive e gratuite sulle altre possibili e di ordine pratico.
Ecco perché «nella vita scorrevano assunzioni precarie e nell’ambito creativo poesie simili a schegge, scintille».