Miti, mercati, alimentazione: la storia dell’uomo è quella della pecora
Corriere della Sera, 19-07-2010, Carlo Vulpio
Il rapporto percentuale tra la quantità di sangue e il peso corporeo dell’uomo è uguale a quello della pecora. È un dato curioso e certamente suggestivo, che forse conoscono in pochi, ma che da solo sarebbe sufficiente a tenere in piedi la tesi di Michael L. Ryder, che nel suo Sheep and Man, ormai un classico in materia, sostiene che «la storia dell’uomo è la storia della pecora». A raccogliere, ampliare e rilanciare la tesi di Ryder, quasi venticinque anni dopo, è stata l’archeologa classica Barbro Santillo Frizell, già docente di Storia e Antichità classiche all’università di Uppsala e oggi direttrice dell’Istituto svedese di studi classici a Roma.
Con Lana, carne, latte. Paesaggi pastorali tra mito e realtà, uscito in Svezia nel 2006, e adesso proposto in Italia dall’editore fiorentino Mauro Pagliai (pagine 199, euro 23) nell’ottima traduzione di Stefania Renzetti, Barbro Santillo Frizell ha compiuto il «viaggio» che mancava e che legasse la mitologia alla storia, l’economia alle tradizioni, l’alimentazione alla letteratura. E infatti, non
manca davvero nulla in questo saggio, che ha il pregio della chiarezza ed è arricchito da fotografie molto belle, quasi tutte scattate dalla stessa autrice.
Non mancano, ovviamente, pecore e pastori, fino alla metafora del «buon pastore», che si impone molto prima del Cristianesimo e non nasce nemmeno con il riferimento al Signore del salmo 23 dell’Antico Testamento, ma quando viene attribuita ai re che sanno guidare il proprio popolo, fossero i pastori di greggi della civiltà micenea dell’Iliade e dell’Odissea di Omero o quelli della Mesopotamia del principe sumero Gilgamesh. Così come non mancano simbologie e poemi, riti e dei: c’è posto per Virgilio e Varrone, Ercole e Pan, per l’Arcadia e per la religiosità popolare degli «ex voto».
A fare la differenza però è la «cultura materiale», frutto della insuperata lezione di Fernand Braudel e della scuola delle Annales francese, di cui il saggio di Barbro Santillo Frizell è ben impregnato. Con le vie della lana e i tratturi della transumanza – nel Mediterraneo e in particolare nel suo «epicentro
», l’Italia –, con la vita delle città e l’organizzazione dei mercati, fino alla qualità del latte e delle carni, alla lavorazione dei formaggi, alla trasformazione dei paesaggi e alle nuove, terribili malattie degli animali (il cosiddetto «morbo della mucca pazza», per esempio), Santillo Frizell ha sfornato anche un fresco saggio «politico». Che si guarda bene dall’inciampare nella lamentazione nostalgica di improbabili idilli pastorali del bel tempo che fu, ma svolge una semplice ed efficace constatazione: al gregge serve soltanto un pascolo incontaminato per continuare a dare lana, carne e latte. Ma se l’uomo continua ad avvelenare quel pascolo (per esempio con la diossina, come avviene a Taranto, dove migliaia di capi di bestiame sono stati abbattuti), o se gli animali vengono trasformati in macchine perchè gli allevamenti somigliano sempre più a dei lager, vuol dire che è in atto una vera e propria ecatombe e non lo sappiamo. Non è catastrofismo. È etimologia. Ecatombe significa «sacrificio di cento buoi». E vale per la pecore, gli agnelli, le capre...