Una domenica come le altre
La Vita, 22-05-2010, Marinella Sichi
Ci sono lingue prive di parole importanti, afferma Paolo Ciampi, che spazia con questo piccolo libro nelle consuetudini delle parole. Sì, il libro parla di affetti, del dolore che ciascuno prova nel momento in cui un lutto si scaglia sulle nostre spalle e sconquassa le nostre vite. Ma Paolo Ciampi, giornalista avvezzo ad utilizzare le parole come strumenti giornalieri di un mestiere, come un muratore usa i mattoni e la calcina, le utilizza per costruire il muretto che chiude la tomba.
Le sensazioni sono le vere protagoniste della storia di Paolo: non è la madre che, morta, resta sullo sfondo; né sono le parole utilizzate come routine che assomigliano alle scatole di detersivo esposte sullo scaffale del supermercato. La banalità di tante parole, sia parlate che ascoltate, parole di circostanza che pronunci e subito dopo cogli l’inadeguatezza. Le parole che non tornano, le frasi guazzabuglio che escono dalla bocca come monetine di resto dalle casse autom
atiche e che appena pronunciate o ascoltate, non importa, ti accorgi che non avevano senso.
Merita attenzione il libro di Paolo. Come quei libri che aggiungono qualcosa che forse non trovi tra gli strumenti “parole”, ma riescono ad esprimere quelle sensazioni che conservi latenti. Gli stati d’animo che appartengono all’armamentario di cui la vita – talvolta già imbandita di tutto – ti ha messo al corrente. Le parole che dovrebbero avere uno spessore e invece suonano vuoti come barattoli di latta. La condivisione del cordoglio che perde senso e diventa le “sentite condoglianze” all’interno di un telegramma. Acquistano invece senso le sensazioni. Le immagini dei cartoni animati con cui difendiamo la mente, quando usciti dalla quotidianità ci ritroviamo catapultati nello spazio metafisico: “Quando seduto in chiesa non sopporti quegli sguardi puntati sulla tua nuca come pistole di compassione”. “La preocc
upazione di comportarsi in modo da non fare brutta figura”. Queste, come altre mille frattaglie, come frasi sconvenienti, che non azzarderesti ad esprimere, affiorano e si affastellano nel libro offrendo un affresco spiritoso a tratti frizzante, senz’altro onesto. È quindi un libro di leggerezza nel quale possiamo riconoscerci nella quotidianità, ma anche nella banalità. Come è giusto che sia.

Nato a Firenze nel 1963, Paolo Ciampi è scrittore e giornalista professionista. Ha lavorato per diverse testate quali “Il Giornale” di Indro Montanelli, “Il Manifesto” e “Il Tirreno”. Per Pagliai Polistampa ha pubblicato, tra l’altro, Gli Occhi di Salgari (2003, Premio Castiglioncello), Il poeta e i pirati (2005), Beatrice. Il canto dell’Appennino che conquistò la capitale (2008). Dal suo romanzo Un nome (Premio Villa Morosin) è stato tratto il lavoro teatrale Un nome nel vento.