“La musa sotto i portici”
Annali d’Italianistica, 01-01-2009, Cinzia Donatelli Noble
Gli Italiani hanno l’abitudine di riunirsi in luoghi pubblici per partecipare alla vita sociale della loro città. Sin dall’antico foro romano, derivato dall’ancora più antica agorá greca, gli Italiani di tutte le età hanno sempre scelto un punto preferito di ritrovo e di riscontro sociale: gli anziani possono vedersi presso una panchina specifica dei giardini pubblici o nella piazza principale del paese, gli adulti durante il passeggio per il corso principale del loro comune o al caffè dove fanno pausa dal lavoro, i giovani allo stabilimento balneare preferito o alla pizzeria più in voga al momento. Insomma, gli Italiani non hanno mai avuto bisogno di appuntamenti formali, ma sanno che ad una certa ora e ad un certo posto potranno trovare amici e conoscenti con cui parlare, confrontarsi e passare un’ora o due in compagnia senza doversi preoccupare di nessuna attività organizzata. Questo avvenimento sociale spontaneo accetta livelli socioculturali differenti e fa parte intrinseca dell’italianità e, naturalmente, non è sfuggito a molti scrittori. Stefano Giannini esamina esaurientemente il fenomeno, e in questo studio si incentra su due autori che del caffè come luogo pubblico hanno fatto il punto cruciale della loro tematica: Piero Chiara e Lucio Mastronardi.
Partendo dal ricordo dei primi caffè moderni del diciottesimo e diciannovesimo secolo dove si riunivano letterati ed artisti, ma anche patrioti e carbonari, Giannini arriva al caffè di Piero Chiara, che ne fa una “apoteosi” della provincia con tono bonario e sorridente, e a quello di Mastronardi, che invece rappresenta il teatro di un mondo malato e negativo. La scelta dei due autori trattati scaturisce dal fatto che entrambi al caffè “più energie gli hanno dedicato, non indugiando in prose rievocative ma eleggendolo senza esitazione ad elemento funzionale delle loro opere, forse vedendo in esso quelle qualità positive, quel consapevole fermento vitale che il caffè ha da sempre costituito, fin dalla sua comparsa nelle realtà urbane dell’Occidente”. Giannini documenta accuratamente le sue afferm
azioni, partendo da studi e pubblicazioni di una notevole varietà di scrittori e studiosi sia italiani che stranieri, il che rende questo testo ancora più valido da un punto di vista critico.
Anche se sono analizzati entrambi gli scrittori, enfasi maggiore è riservata a Piero Chiara, a cui sono dedicati i primi due capitoli del libro: “Apoteosi del caffè nell”opera di Piero Chiara” e “Il caffè è lo scrigno della memoria”. Quello che colpisce immediatamente del caffè chiariano è la sua caratteristica di punto di incontro, di luogo immediatamente definito “franco” e libero dai soliti livelli sociali che caratterizzano la società italiana. Infatti per socializzare “abbiamo bisogno di una zona franca che ci offra un buon grado di autonomia [...]; in altri termini, la gente diventa socievole solo se sa di poter contare su spazi franchi che gli garantiscono la protezione dagli altri”. Elemento fondamentale di questa socievolezza è la parola, abbinata alla capacità di parlare, di raccontare le vicissitudini della vita e così fissarle non solo nella memoria singola, ma anche in quella collettiva della comunità: “I personaggi di Chiara hanno bisogno di raccontare: tutti hanno una storia, una memoria rivisitata, un episodio che li ha segnati”. D’altra parte, se molti parlano, “all’altro estremo dell’atto comunicativo anche il loro pubblico prova con pari intensità il bisogno di ascoltare”. E il caffè è lo spazio in cui si realizza questa attività che comprende tutti i ceti, senza distinzione. In quello spazio gli avventori si conoscono da tempo o si incontrano per la prima volta, ma tutti si sentono al sicuro, creano vincoli di amicizia ed insieme parlano per “sopportare i travagli dell’esistenza e i vuoti”.
Ma non è solo la parola che trova posto al caffè. C’è anche il tempo che gli avventori dedicano al gioco delle carte, che in quel luogo franco perde il suo connotato di attività frivola o di perdita di tempo. Invece il caffè permette il gioco, perch&eacut
e; è “autonomo dalla casa e dal luogo di lavoro”, i posti dove si espletano le attività tradizionalmente considerate serie. Quindi il caffè si investe del “ruolo di rifugio dalla quotidianità”.
Il terzo e il quarto capitolo, “Lucio Mastronardi, ovvero il caffè della disperazione” e “Storia di un’autodistruzione tra vita e modelli letterari” si incentrano sul secondo scrittore considerato, che, a differenza di Chiara, mostra il caffè come luogo negativo e di stasi. In questi caffè i protagonisti non cercano, come in quelli di Chiara, di ricordare la loro vita passata o di stabilire rapporti di amicizia o di socialità; essi cercano invece “di trovare le gratificazioni negategli dalle umiliazioni del mondo del lavoro e delle cure della casa”. Insomma, il caffè di Mastronardi inizia come rivalsa, ma alla fine sconfigge ancora una volta il desiderio di riscatto: “L’equilibrio cercato al caffè si dimostra, in Mastronardi, sempre illusorio”, perché gli avventori possono anche essere spie del regime politico o agenti delle tasse in incognito, pronti a denunciare un avventore ingenuo. Per Mastronardi anche il gioco delle carte non funge da passatempo bonario o pretesto per socializzare, perché i giocatori non si conoscono nemmeno per nome, non sanno dialogare tra loro e la loro attività al tavolo da gioco si riduce a mera “egoistica affermazione di una superiorità sugli altri”.
Nonostante qualche momento di ripetitività e, nell’ultimo capitolo, un certo allontanamento dal tema principale, l’analisi di Giannini è interessante ed esauriente soprattutto nel primo capitolo dedicato a Chiara, è espressa in una prosa piacevole ed elegante ed è sostenuta da numerosi riferimenti bibliografici degli autori trattati e di critici. Giannini ha una profonda conoscenza di Chiara e Mastronardi, ne ha letto attentamente le opere ed ha studiato profondamente la tematica analizzata. Siamo di fronte a un testo di valore che ha colto un aspetto specifico, ma fondamentale, della cultura e della letteratura italiana.