La Vigevano di Mastronardi vista dal bar
La Provincia Pavese, 08-09-2009, Anna Ghezzi
VIGEVANO. Quante idee sono nate intorno ad un tavolino da bar, e quanti personaggi sono emersi dalla galleria umana che staziona o passa al bancone per un caffè? Stefano Giannini, docente di letteratura contemporanea alla Syracuse University nello stato di New York e autore del volume “La musa sotto i portici” (Mauro Pagliai Editore, pagg. 240, euro 18), ne ha parlato sabato alla biblioteca civica Lucio Mastronardi con Bianca Garavelli. Il pretesto era il suo nuovo libro, dedicato al rapporto di Mastronardi e Piero Chiara con il caffè e la provincia lombarda. All’inizio, prendere un caffè era la rivoluzione, era incontrarsi per parlare liberamente, e la società cambiava attorno a un tavolino da bar. Per Mastronardi erano i caffè di piazza ducale, il Sociale, il Principe, il Trabucchi, dove mate
rialmente si potevano trovare lui e i suoi personaggi, arenati dopo il lavoro, prima del rientro a casa. Lì sedevano Mario Micca, Antonio Mombelli o l’assicuratore Antonio Prosperi, i protagonisti dei primi due romanzi e del racconto “L’assicuratore”, ma anche il meridionale Camillo, in cerca di una dimensione positiva. «Dov’era il Caffè Sociale ora c’è una pizzeria, il Principe è diventato Caffè Bramante — racconta Bianca Garavelli — Ma Mastronardi si divertirebbe ancora a vedere i giovani fuori dal caffè all’happy hour, con in mano un bicchiere». E da lì, capire dove sta andando il mondo. Lo studio delle opere di Piero Chiara e Lucio Mastronardi — della cui morte quest’anno cade il trentennale — parte dunque dall&
rsquo;esame del caffè come un filo rosso della cultura novecentesca italiana. Non il caffè letterario del Settecento, altoborghese, ma quello della quotidianità, della provincia italiana dove, con l’Unità o il Corriere della Sera sotto braccio, operai e padroni si trovavano a dividere la stessa sala: spazio di crescita democratica e palestra retorica sul cui ring ci si batte a suon di racconti, e in cui la lotta di classe passa anche da un whisky offerto dal padrone e rifiutato. In particolare, sostiene Stefano Giannini, per Mastronardi il tavolino del caffè diventa una specie di strumento di battaglia: lo scrittore se ne stava seduto tranquillamente a un tavolino in piazza Ducale, ma la calma era apparente, da lì prendeva di mira il mondo: era l’occhio del ciclone, al centro degli eventi.