Ricominciare a quarant’anni
Corriere fiorentino, 15-07-2009, Chiara Dino
Sono pagine piene di sole e acqua salmastra, parole battute dal vento del Mediterraneo, accostate in una sequenza che segue il ritmo lento del sud, quasi poggiate, casualmente, sulla pagina. Le ha scritte Dianora Tinti, grossetana con sangue pugliese, che arriva ora al suo secondo romanzo. Col passo lento di scrive solo per passione, non insegue celebrità e recensioni, ma risponde ad un’esigenza, quella di raccontare delle storie, che è tutta quanta dentro di lei. Si intitola Il Giardino delle esperidi. Che è poi l’incipit di tutta l’avventura da romanziera dell’autrice. «Visto che il titolo è la prima cosa a cui penso, quando decido di mettermi a scrivere – dice lei – Così, nonostante sia disposta a contrattare su tutto con l’editor, faccio più fatica quando mi si chiede di uscire in libreria con una copertina diversa da come l’avevo immaginata.
Un vezzo?
«No, è che, per esempio, ne Il Giardino delle esperidi c’è tanto di quello che racconto. C’è la suggestione dell’ambientazione, c’è un richiamo alla mitologia e al Mediterraneo che tanta parte ha avuto nella mia formazione e tanta ha nella storia che racconto».
Già, la storia. Eccola in poche battute: Egle ha 40 anni, è romana, è una giornalista di successo. E’ spostata bene e da anni con Lorenzo. Torna in Sicilia per mettere a posto una villa di famiglia e qui scopre un segreto che riguarda l’amatissimo n
onno, che la porta nella piccola isola di Marettimo e che s’intreccia con un momento di crisi del suo rapporto di coppia. Il resto della storia lo troveremo nel libro».
Ma quanto somiglia Egle a Dianora?
«Credo che mi somiglia abbastanza. Questa storia l’ho scritta ripensando ai miei 35/40 anni. Un momento di svolta, di ripensamento e di bilancio credo per tutte le donne. Succede: quando hai un lavoro, una famiglia e delle certezze, prendi fiato rispetto ai traguardi che hai inseguito per tanto tempo e fai i conti con te stessa. E ’accaduto anche a me. Ed è quello che accade ad Egle, la protagonista del romanzo».
La crisi dei quarant’anni insomma. A lei dove l’ha portata?
«Mi ha portata altrove. Un divorzio. Un nuovo compagno con cui sto da quasi 10 anni. La scrittura».
Cosa resta della vita di prima?
«Resta mio figlio Giacomo, 21 anni, l’emozione più bella. Resta la memoria dolente di una coppia di genitori a volte assai conflittuali,la dolcezza delle estati trascorse in Salento a casa dei nonni materni»
Che è poi il luogo in cui è ambientato, in parte, il suo romanzo, «Il pizzo dell’aspide», già arrivato alla decima ristampa...
«Sì. Sono i luoghi della mia infanzia, tanto amati e adesso rimasti solo nella memoria».
Due libri, due storie di donne, d’amore, di sentimento. Non è che così rischia di mettersi un po’ troppo a nudo?
«Pu&og
rave; darsi. Quando presentavo il primo romanzo a volte mi commuoveva che mi facessero delle domande private, per capire quanto di ciò che scrivevo mi apparteneva nel profondo».
E lei cosa rispondeva?
«Dicevo che sì, nei miei libri c’è tanto di me».
Cosa legge?
«Amo gli scrittori sudamericani, Marquez, l’Allende, Angeles Mastretta. Mi piace perdermi nelle storie che che mi portano altrove. Mi affascina la dimensione onirica di quella scrittura che ti porta quasi a perdere il contatto con la realtà».
Una lista di cose belle e una lista di cose brutte...
«Cose belle: mio figlio e il mio nuovo compagno, i miei amici. Alcuni sono gli stessi di quando avevo 12 anni. Cose brutte: genitori litigiosi, una altalenante condizione economica. Prima tanti soldi, poi pochi, pochissimi, poi la lenta ripresa. E poi il mio divorzio».
Beh, è sincera...
«Può darsi. Però se ci si pensa ben, parlare di sé è una forma di generosità. Che poi ti torna indietro.»
Lei lavora nella pubblica amministrazione, com’è che è diventata anche scrittrice?
«Anni fa mi misi a scrivere il mio primo romanzo giusto per il gusto di scrivere. Poi una volta incontrai Ottavio Cecchi, (allora redattore della terza pagine dell’Unità, ndr) e glielo feci leggere. Lui mi disse solo «continua». Io ho continuato. Ho pubblicato quel libro e l’ho dedicato a lui».