«L’imperfetto» della storia
Il Giornale della Toscana, 30-06-2009, Domenico del Nero
La politica e i suoi bassifondi: le latrine a cielo aperto, il fetore degli uomini e degli intrighi, l’aspetto meno patinato e invitante dei “grandi”: la storia è anche, se non soprattutto, questo.
E così, «L’imperfetto assoluto», (Mauro Pagliai editore) romanzo dal titolo curioso e contraddittorio, si presenta come una grossa scommessa nel mare magno, e non sempre pulito, della produzione m serie del romanzo storico nostrano. Siamo in un periodo tanto noto quanto poco conosciuto: i primissimi anni del trecento fiorentino,in particolare 1302-1304. L’autore, Riccardo Nencini, presidente del Consiglio Regionale della Toscana, non è certo nuovo all’attività di scrittore e storiografo, che esercita con lo stesso stile, rigore e equilibrio che ha dimostrato di avere nella politica, guadagnandosi consensi del tutto trasversali. E come un grande successo fu La battaglia (2001) in cui Nencini rievocava la giornata di Campaldino, battaglia cui partecipò Dante tra i feditori a cavallo, cos&i
grave; il sommo poeta vive anche tra le pagine di questo romanzo, protagonista insieme a Musciatto Franzesi, banchieri fiorentino poi diventato abile brigante alla corte di uno dei sovrani più filibustieri della storia, il re di Francia Filippo il Bello. Ma questa volta, la giornata del poeta non conosce successi: non rientra trionfante in città dove lo attendono il sorriso di Beatrice, anche se prossimo a spegnersi, e una fulgida carriera. Sono i primi ed incerti passi di quell’esilio che lo fulmina nel gennaio 1302, mentre sta tornando dall’ambasceria presso il gran nemico Bonifacio VIII. Anni di cui il poeta parlerà pochissimo, come a volervi stendere un velo che Nencini, non per irriverenza, ma la contrario per il grande amore che nutre per Dante per la storia e per la Toscana, solleva con una fantasia che poggia le sue radici in uno sfondo tanto rigoroso quanto approfondito.Un’opera dunque che va diritta al cuore della storia, in una Firenze la cui grandezza è immersa nella rovine delle case torri demolite nelle innum
erevoli faide, dove nei vicoli e nelle strade senza nome si respira odor di escrementi e dove i resti delle case dei ghibellini e degli esiliati Uberti popolano ancora Piazza della Signoria a futura memoria, ma dove una agguerrita pattuglia di mercanti e banchieri getta le basi si una grandezza destinata a durare due secoli; con un Dante visto nella sua dimensione forse meno ‘gloriosa’, ma sicuramente più umana. E a colmare ulteriormente il ‘silenzio’ dantesco interviene il giovane poeta Federico Berlincioni, un ventenne che ha composto una serie di sonetti che danno un colore ancora più ‘reale’ al romanzo: poesie che dimostrano una capacità davvero dantesca di ‘dir parole per rima’. L’opera è stata presentata ieri alle Giubbe Rosse da Cardini che ha firmato la prefazione; ma avrà il suo “battesimo” ufficiale in una manifestazione pubblica martedì 6 luglio alle ore 21 in piazza della Repubblica; oltre agli autori presenzierà anche il sindaco Matteo Renzi.