Frammenti di vita vissuta. Da piccoli come in un flash
La Nazione, 02-04-2009, Giancarlo Mazzuca
Come era il Natale in casa Pavarotti? «La cosa principale – racconta Big Luciano – era reperire i mandarini per addobbare l’albero. I mandarini erano la cosa più importante, in pratica non c’era altro». Il grande Maestro scomparso raccontava così a Rossella Martina la sua infanzia, i suoi anni verdi. Piccole storie di un piccolo mondo antico che accomunano tanti grandi personaggi come Pavarotti appunto, Giulio Andreotti, Pippo Baudo, Paolo Bonolis, Marcello Lippi, Dacia Maraini, il cardinal Tonini, Sergio Zavoli e altri ancora. “Flash” di vita familiare che hanno un unico filo conduttore: ciascuno di noi ha in mano il proprio destino. Non è vero, come per anni ci hanno imbonito tanti psicanalisti o pseudo tali, che è solo una questione di genetica. No, per fortuna non è così e Rossella Martina, in una galleria di tredici nomi famosi del “made in Italy” ad ampio spettro, è stata bravissima a cogliere il bambino che c’era in loro. La giornalista e scrittrice toscana ha costru
ito tanti rapidi affreschi, fatti di racconti e ricordi inediti, pubblicati sul Quotidiano Nazionale per la serie “C’era una volta un bambino” che sono stati raccolti oggi, con lo stesso titolo, in un piccolo-grande libro (Mauro Pagliai Editore, 9 euro).
Non è difficile commentare il lavoro di Rossella Martina, anche se mi sento un osservato speciale perché, di solito, è Rossella che recensisce i libri degli altri, mentre oggi sono io a fare la parte della Martina. Sono convinto, come ho osservato nella mia breve prefazione al libro, che se i giornali sono ancora vivi nell’era di Internet, lo debbono proprio a quei lampi di luce che li illuminano: squarci di storie, rivelazioni di vite che si intrecciano con le nostre, bagliori d’umanità e impercettibili sfumature che rendono qualcuno un protagonista dei nostri tempi. Ecco, Rossella, con una penna leggera che è capace di restituirci atmosfere e profumi del passato, ci ha illuminato il cuore, facendoci rivivere il gusto dell’infanzia, con le sue ingenuità,
la sua freschezza, i suoi piccoli tormenti, ma anche le sue grandi speranze sul domani. Speranze di un futuro migliore, con un messaggio finale che è certamente ottimista sull’avvenire dell’Italia: basta conservare e saper tramandare quei piccoli tesori di saggezza che i nostri genitori ci hanno lasciato. Qualche esempio? Martina chiede a uno dei suoi protagonisti, Sergio Zavoli, quale sia il suo ricordo più bello. Lo scrittore non ha dubbi: “Fu un viaggio a Ravenna, la città natale dei genitori, della sorella e mia, per per fare visita agli zii e alle cugine. Partimmo, la mattina presto, il treno si fermava lungo una coroncina di stazioni (.....). A Ravenna ci imbarcammo sul Gardenigo, un vaporetto tenuto insieme, si sarebbe detto, dalla crosta di infinite mani di bianco passate sullo scafo. A poppa, guardavo la mia città che rimpiccioliva via via e mio padre, alle spalle, mi cingeva con un abbraccio che non ho più scordato. Dentro quel golfo, così sicuro, sentivo che la mia vita avrebbe avuto, sempre, dove rifugiarsi».