La cioccolata e il digiuno...
ItaliaOggi, 21-02-2009, Zeffiro Ciuffoletti
Sembra lontano il tempo in cui la Chiesa e per lei illustri teologi si batterono per impedire che l’uso della cioccolata diventasse lecito anche nei giorni del “digiuno”. E in realtà lo sono, ma allora, siamo nel Settecento, come oggi, lo scontro fu tra teologi e scienziati che animarono un vasto dibattito in tutta Europa. Nel dibattito molti ecclesiastici tentarono di dimostrare che la cioccolata, che tra l’altro stava entrando anche nelle abitudini alimentari dei conventi e delle mense vescovili, fosse incompatibile con l’osservanza del digiuno. Ci volle del tempo per arrivare a stabilire che la cioccolata, in quanto liquida, non infrangeva il digiuno imposto dalla Chiesa. Per fortuna che allora, la cioccolata si consumava in tazza e si era ancora lontani dalla cioccolata in tavoletta a cui si arriverà solo nell’Ottocento, altrimen
ti non sarebbe stato semplice applicare alla cioccolata la massima che liquida non frangunt, cioè che i liquidi non interrompono il digiuno imposto dalla Chiesa. Gli scienziati, in particolare i medici, si impegnarono in una battaglia filosofica, più che scientifica in senso proprio, in favore della cioccolata. Riprendendo il topos tipico dell’Illuminismo intorno all’incivilimento prodotto dalle scoperte geografiche e dai commerci, alcuni medici, come il toscano Antonio Cocchi, massone ed epicureo, sostennero che “i vantaggi che le differenti nazioni trassero dal conversar tra loro” e fra questi la conoscenza dei diversi cibi “della scelta de’ quali risulta in gran parte quell’eleganza nel viver e quello splendido lusso che sempre suole accompagnare la massima felicità dei popoli”. Fra questi doni dell’incivi
limento c’era la cioccolata. Per questo ad un esame empirico e non dogmatico il cacao non poteva che avere effetti benefici e la cioccolata mischiata con zucchero e cannella, “due delle migliori droghe dell’Oriente”, non poteva che superare positivamente l’esame della scienza. La pasta ottenuta dal seme di cacao mescolata con l’acqua calda aveva l’effetto benefico di sciogliere gli umori e rendere più fluida la circolazione. Quel che non si diceva è che la cioccolata piaceva a tutti, laici e chierici, tanto che, quando non c’era, un nobile fiorentino poteva scrivere: “il non aver questa bevanda è una grandissima infelicità”. Un bel libretto, curato da Orsola Gori, ci introduce piacevolmente in questo dibattito settecentesco (A. Cocchi, Discorso sopra la cioccolata, Polistampa, Firenze, 2005)