La Pira, lettere indeite di un «cittadino del mondo»
Avvenire, 19-09-2008, ––
La spiritualità e la fede di Giorgio La Pira raccontate attraverso sessantacinque lettere inedite riportate alla luce grazie alla famiglia Angelino(i figli della sorella Peppina di La Pira) che risiede a Pozzallo (Rg), città natale del Professore, e alla volontà di Luigi Rogasi, 83enne docente di francese in pensione, che vive a Firenze, da sempre amico di La Pira. La corrispondenza dal titolo Giorgio La Pira: lettere agli zii (Edizioni Polistampa, pp. 285, euro 16,00), si aggiunge alle Lettere a casa, curate nel 1981 da Dino Pieraccione per la casa Editrice Vita e Pensiero, e alle Lettere alla sorella Peppina e ai familiari che lo stesso Rogasi ha pubblicato nel 1993 sempre per lo stesso editore. Momenti di gioia, pensieri, sofferenze e vicissitudini del giovane La Pira si rincorrono scorrendo le pagine del volume: «Spesso penso che il Signore mi ha ricolmato di troppi successi negli ultimi tempi e che perciò bisogna ripensare spesso a quello che in realtà noi simo. Solo acquistando una padronanza sempre maggiore di noi stessi, e convincendosi che si è soltanto strumenti nelle mani di Dio, si può evitare quello stato di
vanità che sorge tante volte in noi»scriveva La Pira alla zia siciliana Settimia il 12 dicembre 1927, scusandosi per aver scritto in ritardo in quanto «in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico gli universitari cattolici lo avevano invitato a fare la commemorazione di Contardo Ferrini», giurista cattolico dichiarato venerabile nel 1931 da Pio XII. Una cerimonia in cui La Pira fu accolto dall’abbraccio dell’arcivescovo di Firenze, che nella lettera il giovane Giorgio definisce «una calorosa manifestazione del cardinale Mistrangelo», segno dell’attaccamento di La Pira alla Chiesa fiorentina. Le missive, scritte a mano da La Pira, sono state “interpretate”da Rogasi non senza difficoltà e riguardano il periodo che intercorre tra l’arrivo di La Pira nel capoluogo toscano, cioè a partire dagli anni’20, e l’inizio della guerra, più dodici lettere inviate ai cugini Pierino e Adele. La corrispondenza, dunque, non è di per sè un insieme organico, alcune lettere si susseguono a distanza di pochi giorni, in qualche caso di poche ore, in altri ca
si l’intervallo è di mesi se non di anni. Ma il senso di libro, come scrive nell’introduzione Mario Primicerio, «risiede nel valore del dialogo affettuoso che intercorre tra La Pira e la famiglia Occhipinti, e in particolare la zia Settimia, con la quale il rapporto è proprio filiale». Dalle lettere emergono accenni alla quotidianità e all’attaccamento di questo«siciliano, cittadino del mondo»alle sue radici. Anche una semplice cartolina, come quella indirizzata ai fratelli Occhipinti di Messina, bollata Firenze 24 aprile 1936, fittissima di scrittura è una pillola di spiritualità. Dal convento di San Marco scrive La Pira: «Come è bello vivere col cuore pieno di Dio, con la mente elevata a quella della Patria ove sono posti i tesori della nostra permanente beatitudine! E come è errata ogni vita che non è ancorata al Cielo». Un messaggio breve ma intenso, che riporta a una vita tutta proiettata alla contemplazione ma vissuta nell’azione politica di uno dei testimoni di vita cristiana più discussi e per questo approfonditi degli ultimi cinquant’anni.